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ASPETTANDO RE LEAR, interpreta e dirige ALESSANDRO PREZIOSI
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Nuovo argomento   Rispondi    Indice del forum -> Forum Alessandro Preziosi
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genziana



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MessaggioInviato: Dom Nov 19, 2023 18:57    Oggetto: ASPETTANDO RE LEAR, interpreta e dirige ALESSANDRO PREZIOSI Rispondi citando



    "ASPETTANDO RE LEAR"

    di TOMMASO MATTEI da WILLIAM SHAKESPEARE

    Opere in scena di MICHELANGELO PISTOLETTO

    . Regia di ALESSANDRO PREZIOSI
    . Supervisione artistica di ALESSANDRO MAGGI

    con
    ALESSANDRO PREZIOSI (Re Lear), NANDO PAONE
    (Gloster), e con ROBERTO MANZI (Kent), Federica
    Fresco
    (Cordelia/Matto), Valerio Ameli (Edgar)

    Musiche di GIACOMO VEZZANI
    (disponibili on line)

Produzione: PATO srl,
con TSV-Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale




abiti di scena: Cittadellarte Fashion B.E.S.T.

direzione creativa: Olga Pirazzi, Flavia La Rocca, Tiziano Guardini

coordinamento editoriale Chiara Beliti
assistente Michelangelo Pistoletto: Alessandro Lacirasella

aiuto regia: Roberto Manzi
assistente alla regia: Stefania Sapuppo
direttore di scena: Silvia Lombardi

Montenovi Trasporti; audio e luci: EmmeDue Srl.









“Aspettando Re Lear” è un adattamento da William Shakespeare con un evidente richiamo a “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, uno spettacolo sul difficile rapporto tra padri e figli, sulla relazione tra Uomo e Natura e sulla perdita dei valori. Nello spettacolo (un atto unico che dura un’ora e venti minuti) si parla di follia, di potere che distrugge, di solitudine, di caos dentro e fuori, ‘l’unico ordine possibile’ per Pistoletto. E in scena ci saranno le opere e i costumi del Maestro, costumi iconici realizzati dal collettivo Fashion B.E.S.T. con materiali sostenibili, ma anche le musiche saranno ispirate dall’artista. Parlando di questa commistione multidisciplinare tra arte contemporanea e teatro, commenta Preziosi nella sua veste di regista: “A teatro ho condiviso la messa in scena dei presupposti del Terzo Paradiso, la terza fase dell’umanità, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la Natura. L’uomo deve cercare di non essere debitore alla Natura di ciò che indossa: il senso dell’abito, del superfluo, dello stretto necessario sono tematiche di Pistoletto che porto a teatro. L’uomo nella sua nudità trova se stesso, e così anche noi attori durante lo spettacolo veniamo privati dei vestiti, per farci vedere per quello che siamo”.
Il testo teatrale si concentra sul momento chiave della tragedia shakespeariana, rappresentato dalla tempesta che colpisce il re proprio mentre vaga, nella landa desolata, per allontanarsi dal disastro combinato con le “amate” figlie. Lear, accompagnato dal conte di Kent, sotto le mentite spoglie di un servo, e dal fedele Fool, che interpreta un alter ego della figlia Cordelia, assiste inerme allo sconvolgimento dell’ordine naturale. La tempesta è il culmine del caos a cui alla fine il re deve arrendersi tornando uomo tra gli uomini, debole, amareggiato, stanco, ma finalmente spoglio di quella corona che lo ha portato alla distruzione. A pagare le conseguenze della “cecità” dei genitori, saranno i figli. “Ho immaginato un Re non semplicemente arrivato alla fine dei suoi anni, ad un passo anagraficamente dalla morte, ma piuttosto spinto dalle circostanze e dalla trama a cercare nella maturità e non nell’età il tassello conclusivo della propria vita – viene spiegato nelle note di regia –. L’impazienza che accompagna il rocambolesco circolo di eventi in cui Re Lear travolge prima di tutto se stesso e quindi gli altri, mi ha suggerito di creare uno spazio mentale teatralmente e scenicamente reso materico dalle opere in scena”.
Re Lear è dunque la metafora della condizione umana: caduta e creazione. Lear ama solo se stesso, la mancanza d’amore l’ha portato alla follia e alla solitudine; vaga in una landa di nulla con cui il sovrano senza più corona dovrà fare i conti. È come se Re Lear prevedesse l'inevitabile nulla che ci attende come risultato del fatiscente ordine permanente, proprio come “Aspettando Godot” ci rivela quel che accade “dopo che il vecchio cade".








    domenica 9 LUGLIO 2023, ore 21:30
    XVI CAMPANIA TEATRO FESTIVAL, Prima Nazionale
    NAPOLI - Villa Floridiana - Palco Grande

    giovedì 20 e venerdì 21 LUGLIO 2023
    VERONA,
    Teatro Romano, ore 21:15 - Sezione Teatro ETV23
    75^ ESTATE TEATRALE VERONESE. Festival Shakespeariano

    venerdì 27 OTTOBRE 2023, ore 21:15
    MATELICA (MC), Teatro Piermarini.
    Esclusiva AMAT
    Spettacolo d'Inaugurazione della Stagione 2023/24
    Residenza di allestimento e Anteprima Nazionale

    giov. 2 (20:30) ven. 3 e sab. 4 (19:00) dom. 5/11 (16:00)
    VENEZIA, Teatro Goldoni
    Spettacolo d'Inaugurazione della Stagione 2023/24

    TSV-Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale

    mart. 21 e merc. 22 NOVEMBRE - ore 20:45
    Teatro Comunale Città di VICENZA
    Spettacolo d'Inaugurazione della Stagione di Prosa


    da giov. 23 a sab. 25 (20:30) dom. 26 NOVEMBRE (16:00)
    TREVISO, Teatro "Mario Del Monaco"

    TSV-Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale







Interviste, video, foto, recensioni, rassegna stampa selezionata


Alessandro Preziosi official Forum va a teatro con voi



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L'ultima modifica di genziana il Mar Nov 21, 2023 20:03, modificato 1 volta
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genziana



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MessaggioInviato: Dom Nov 19, 2023 19:12    Oggetto: ASPETTANDO RE LEAR - Festival Shakespeariano VR - recensione Rispondi citando



ha scritto:



La recensione di DeArtes: “Aspettando Re Lear”


    visto al Teatro Romano di Verona 75ªETV
    Festival Shakespeariano, il 21 luglio 2023


La straordinaria accoppiata formata da Alessandro Preziosi, regista e attore, e Michelangelo Pistoletto, artista le cui opere sono state utilizzate come “oggetti di scena”, ha sancito il successo, peraltro annunciato, di “Aspettando Re Lear”. Uno spettacolo di eccelso livello qualitativo, ottimamente strutturato in ogni suo aspetto: dalla regia alla scenografia, dalla drammaturgia alla parte attoriale. Tutti gli elementi hanno attinto ispirazione e forza l’uno dall’altro, dimostrandosi complementari e compenetrabili, interagenti e assonanti. Una volta tanto, e accade di rado, l’idea descritta nelle note di sala è stata realizzata in toto e sono state mantenute le più alte aspettative.

Grazie a questa produzione Pato – TSV Teatro Stabile del Veneto, il cartellone del Festival Shakespeariano di Verona ha presentato uno dei suoi fiori all’occhiello. Anche il cielo ha mostrato rispetto per lo spettacolo: il solito nubifragio cui l’Italia è tristemente abituata in questi giorni, ha atteso la fine della seconda recita per scatenarsi. Spettacolo salvo, quindi, per volere del “caso” ma anche sorprendentemente perdurante nel tempo. Infatti gli spettatori, all’uscita dal Teatro Romano, si sono trovati materialmente immersi in quella tempesta shakespeariana da cui questa rilettura drammaturgica ha preso le mosse.

Prima ancora, va sottolineato il “caso” della sequenza di date: a Verona “Aspettando Re Lear” è andato in scena il 20 e 21 luglio, dopo aver esordito in anteprima a Napoli il 9. Nel mezzo, il 12 luglio, sempre a Napoli, l’atto vandalico con cui l’imbecille criminale di turno ha dato alle fiamme la declinazione formato maxi dell’installazione forse più celebre di Pistoletto, uno dei massimi esponenti dell’Arte Povera: La Venere degli stracci. L‘artista classe 1933, riportano le cronache, ha commentato di non essere rimasto stupito dal rogo ma spaventato da esso, in quanto espressione di una situazione drammatica del nostro tempo, in cui si risponde con la violenza, o con le guerre, alle manifestazioni della bellezza.

Si potrebbe aggiungere che il fuoco appiccato alla Venere, andata completamente incenerita, pur se atto premeditato era un gesto non prevedibile, ascrivibile nel registro della casualità cui le opere d’arte sono soggette nella loro vita, nella loro funzione di perdurare nel tempo. Il caso, quindi, fa sì che un’opera sopravviva o vada perduta. Proprio quel “CASO” che è il fulcro del pensiero artistico-filosofico di Pistoletto e che abbiamo ritrovato come elemento cardine dello spettacolo.

L’adattamento della tragedia di Shakespeare operato da Tommaso Mattei, con l’ausilio delle musiche originali di Giacomo Vezzani, ha proiettato il testo in un’ottica contemporanea confermando i corsi e ricorsi storici della società, con le sue cicliche contraddizioni e criticità, iniziando dal difficile rapporto tra padre e figli (sui quali ricadono le colpe dei genitori) per culminare con il tempestoso e oscuro percorso che affronta l’uomo quando si pone alla ricerca di se stesso.

Sostanziali alla narrazione, a tutti gli effetti co-protagonisti, gli elementi pistolettiani in scena: un arco di mattoni a far da cornice a uno specchio, richiamo alla serie delle opere “specchianti”; una struttura quadrata a cingere due sedute dall’esplicativo titolo “Quadro da pranzo”; una porta strozzata al centro come una clessidra, forma ripresa anche nel bavero del trench di Lear (costumi ecosostenibili, e scomponibili per una significativa svestizione, di Cittadellarte Fashion B.E.S.T.); una ringhiera multiuso, pulpito e scogliera dalla quale affacciarsi; una panca sotto la quale era posta una sfera; il pavimento su cui era disegnato il simbolo dell’infinito, altro elemento chiave nella poetica di Pistoletto; infine una struttura ondulata di cartone snodata fino a formare un labirinto. Mentale, ovviamente. Il labirinto della tempesta che sferza Lear, il suo turbamento esteriore (la pazzia) e interiore (sempre la pazzia) nel trovarsi ad attraversare il nulla, il vuoto che deve superare l’uomo per recuperare la propria natura dopo averla decostruita, dopo averla privata degli orpelli artificiosi.

Lear è incapace di amare, ama solo se stesso e il potere derivatogli dalla posizione di comando. Ma il suo percorso lo porterà, da Re, a riscoprirsi uomo. Fino all’atto conclusivo di questa specifica versione, in cui Lear e la figlia Cordelia se ne sono andati assieme a braccetto, dopo aver forgiato ex novo un rapporto di affetto parentale. Lo specchio inserito nell’arco ha accompagnato questo processo, mostrando a ciascun personaggio la sua natura riflessa: una immagine distante dal soggetto eppure coincidente con il soggetto stesso. Una narrazione quindi svolta secondo le regole di un caos ordinato, del “caso” che ha trovato esplicazione logica nella consequenzialità.

Su ispirazione proceduta in parallelo, la regia di Preziosi ha applicato il concetto di “caso” a Shakespeare, e ha ricollocato gli oggetti in uno spazio non fisico ma di valori. La tragedia era condensata in quattro figure simbolo: il Re, il Matto, il Servo, il Pazzo (in realtà cinque personaggi), da intendersi come chiavi di lettura per accedere all’universo shakespeariano, la cui inventiva linguistica è rimasta stupefacentemente integra in questa drastica potatura drammaturgica. Le figure/chiave hanno guidato attraverso la tempesta Lear, che in loro ha visto riflessa la sua essenza, quasi come se i personaggi fatti muovere dal regista Preziosi avessero moltiplicato metaforicamente la superfice specchiante di Pistoletto.

Se da un lato Preziosi, in veste di regista, ha saputo mantenere sempre alta la tensione drammatica, che non ha avuto alcun momento di cedimento, dall’altro ha dimostrato un ulteriore incremento nella propria maturità attoriale. Interprete sopraffino, maestro di inflessioni vocali ed espressività fisica, del viso e del corpo, Preziosi ha sostenuto una prova intensa, profonda, superlativa.

Era attorniato da attori d’equivalente valore qualitativo, impegnati a dar vita a personaggi che, già in Shakespeare, sovvertono l’ordine sociale, a iniziare dal Re spodestato di cui ha vestito i panni Preziosi. Poi Federica Fresco eccezionalmente brava nel ruolo di Fool, che ha spinto il Re a recuperare la parola (shakespeariana) stuzzicandolo con ironici giochi verbali, fino a trasformarsi nella figlia Cordelia, figura salvifica; Roberto Manzi, Conte di Kent prestatosi a fare il servitore per fedeltà al sovrano, presenza pressoché fissa in scena, sostenuta con incisività; Nando Paone, aristocratico nell’impersonare Gloster, non ancora accecato e perciò incapace di vedere; Valerio Ameli estroso al punto giusto nella parte sfaccettata di Edgar mendicante pazzo, figlio del Conte.

Come si diceva, Lear/Preziosi è passato, magistralmente, dall’arroganza del Re all’umiltà dell’uomo, dall’incapacità di amare altri se non se stesso alla follia che è uno stadio verso la consapevolezza. La pazzia è condizione indispensabile per ritrovare il senno, la ragione.

Metafora della condizione umana, della sua caducità e della sua capacità di rigenerarsi, il Re, che tutto possiede, si è trovato solo, al cospetto del nulla, dapprima rimanendone turbato, poi accettando la constatazione che anche il potere, per la sua provvisorietà, sia nulla, sia la non permanenza del tempo – come indicato dallo specchio e dalla porta a clessidra – e pone l’uomo in una condizione di attesa beckettiana.

Abbiamo assistito quindi alla sublimazione chimica del Terzo Paradiso di Pistoletto, quel simbolo dell’infinito tracciato sul pavimento del palcoscenico che ha rappresentato la conquista di un equilibrio tra la natura primigenia e l’artificiosità dei bisogni dell’uomo, il raggiungimento di un ordine nel caos. Così, lo spettacolo ha chiuso il suo cerchio narrativo trovando, nella congiunzione formale tra i suoi vari elementi costitutivi, soluzione al “caso”, alla non ripetibilità – ma piuttosto circolarità – del tempo.



Recensione di Maria Luisa Abate, 21/7/23; via DEARTES.cloud








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MessaggioInviato: Lun Nov 20, 2023 20:42    Oggetto: ASPETTANDO RE LEAR, 21-22/11/2023 Teatro Comunale di VICENZA Rispondi citando









In "Aspettando Re Lear" teatro e arte contemporanea si incontrano per raccontare il tema centrale del capolavoro di Shakespeare: il rapporto tra padri e figli, la relazione tra tradizione e innovazione e tra uomo e natura.
Le opere e i costumi di Michelangelo Pistoletto porteranno Lear all’essenziale per liberare la storia, facendola vivere in maniera imprevedibile.

“Aspettando Re Lear”, tratto da William Shakespeare nell’adattamento di Tommaso Mattei, interpretato da Alessandro Preziosi - che firma anche la regia dello spettacolo - e da Nando Paone (Gloster), e con Roberto Manzi (Kent), Federica Fresco (nel doppio ruolo di Cordelia e il Fool), Valerio Ameli (Edgar), opere in scena di Michelangelo Pistoletto, musiche di Giacomo Vezzani.







Una doppia data, un grande testo, un allestimento straordinario firmato da uno dei più grandi artisti dell’arte contemporanea ed un protagonista amatissimo dal pubblico teatrale e non solo: è questa la formula per l’apertura della nuova Stagione di Prosa del Teatro Comunale di Vicenza, realizzata con il sostegno dei soci – Comune di Vicenza Regione del Veneto, Fondazione Cariverona e Intesa Sanpaolo – e da una rete di partner e sponsor, istituzioni e imprese.

“Aspettando Re Lear” - di e con Alessandro Preziosi - inaugura la Stagione di Prosa 2023-2024 del Teatro Comunale Città di Vicenza, in programma martedì 21 e mercoledì 22 novembre alle 20.45 in Sala Maggiore. Ultimissimi biglietti per lo spettacolo (e abbonamenti alla Stagione di Prosa) saranno disponibili on line e al botteghino, a partire da un'ora prima dell'inizio.








Una nuova Stagione teatrale, quella vicentina, ricca e variegata - realizzata con la consulenza artistica di Annalisa Carrara - costruita su intrecci inediti, un filone di grandi titoli e personaggi della drammaturgia classica rivisitati in modo molto originale, come appunto Re Lear. Un panorama ricco di suggestioni sempre attento alla qualità, in cui lo spettatore può trovare il “suo” spettacolo e la sua chiave di lettura, con connessioni e riferimenti ad un immaginario condiviso, ma con l’invito a guardare al nuovo con curiosità, lasciandosi prendere dalla magia del teatro.

Con la Stagione di Prosa al Comunale riprenderanno anche gli Incontri a teatro, gli appuntamenti che precedono gli spettacoli per offrire al pubblico un’opportunità di approfondimento: martedì 21 e mercoledì 22 novembre alle 20.00 al Ridotto toccherà ad Antonio Di Lorenzo, giornalista e scrittore, presentare “Aspettando Re Lear” di Alessandro Preziosi e il contesto di riferimento della tragedia nel nuovo adattamento di Tommaso Mattei. L’annientamento della persona e dei valori di un mondo fatiscente, il discorso sul nulla assoluto che mette in relazione il vecchio re della tragedia del bardo al Godot beckettiano, ma anche gli aspetti innovativi e “l’irruzione” dell’arte contemporanea nella nuova messa in scena, saranno i temi dell’incontro.







ha scritto:


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MessaggioInviato: Gio Nov 23, 2023 19:30    Oggetto: ASPETTANDO RE LEAR al Teatro Comunale di VICENZA, recensione Rispondi citando


    qui rassegna stampa PER "ASPETTANDO RE LEAR"


    TCVI mart. 21, merc. 22 NOVEMBRE 2023 (20:45)

    Teatro Comunale Città di VICENZA - Sala Maggiore

    Spettacolo d'Inaugurazione della Stagione di ProsA






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MessaggioInviato: Gio Nov 23, 2023 19:33    Oggetto: ASPETTANDO RE LEAR, dal 23 al 26/11/23 DEL MONACO di TREVISO Rispondi citando









In "Aspettando Re Lear" teatro e arte contemporanea si incontrano per raccontare il tema centrale del capolavoro di Shakespeare: il rapporto tra padri e figli, la relazione tra tradizione e innovazione e tra uomo e natura.
Le opere e i costumi di Michelangelo Pistoletto porteranno Lear all’essenziale per liberare la storia, facendola vivere in maniera imprevedibile.

“Aspettando Re Lear”, tratto da William Shakespeare nell’adattamento di Tommaso Mattei, interpretato da Alessandro Preziosi - che firma anche la regia dello spettacolo - e da Nando Paone (Gloster), e con Roberto Manzi (Kent), Federica Fresco (nel doppio ruolo di Cordelia e il Fool), Valerio Ameli (Edgar), opere in scena di Michelangelo Pistoletto, musiche di Giacomo Vezzani.












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MessaggioInviato: Sab Dic 09, 2023 19:03    Oggetto: SIPARIO.IT intervista ALESSANDRO PREZIOSI Aspettando Re Lear Rispondi citando






ha scritto:



      Recensione: "ASPETTANDO RE LEAR"

      - REGIA DI ALESSANDRO PREZIOSI -



L’impresa è abbastanza irta di ostacoli, non semplicissima. La però affascinante messa in scena, in questo Aspettando Re Lear firmato Tommaso Mattei, con l’interpretazione protagonista di Alessandro Preziosi, si aggrappa con tutte le forze ai temi cari trattati da Shakespeare in questa tragedia e lo fa con un contorno scenico, interpretativo e soprattutto drammaturgico di nuova spinta, innovazione. E anche abilità, vista l’ardua operazione. Che, grazie alle appassionate, intense interpretazioni, al testo, a questo percorso d’impatto e convinto che Preziosi fa da diversi anni, in questo adattamento di Tommaso Mattei, s’innalza man mano che scorrono i minuti, forte di diverse componenti anche visive. E’ un punto di vista diverso di uno Shakespeare, dove al centro però rimane follia, abbandono, maturità, potere, in qualche modo attorniano i legami tra padri e figli, per loro propria natura spesso complicati. Dove un altro protagonista assoluto è l’amore, nonostante le complicanze. Mattei e Preziosi con una raffinata mistura abbinano il Bardo e l’Aspettando Godot di Beckett, drammi dell’attesa e della speranza, dell’essere in profondità figlio e padre, tema che sta molto a cuore anche all’attore napoletano. Ma dentro ad Aspettando Re Lear non sfuggono di certo manie, incomprensioni, e una solitudine di fondo scanzonata dal Matto (la preparata e baldanzosa Federica Fresco), sofferta con inclinazione all’aiuto della figlia del regnante, Cordelia, la sola a essere in scena, colei che lo ama davvero. Ci vuole concentrazione e una discreta attenzione per non perdersi nei meandri del testo, nelle bellezza stessa della scenografia che mette a disposizione opere di Michelangelo Pistoletto, offrendole come Natura, Passaggi, Divisori. Un po’ si rischia di essere travolti dall’urto con la materia creativa dei lavori del Maestro, è un bell’esercizio starne ammaliati ma aderenti a ciò che succede, e lo stesso capita per le sensibili note di Giacomo Vezzani che s’insinuano qua e là, preziose (si scusi il gioco di parole)e abbinate alla perfezione a ciò che capita in scena, e oltremodo anche distaccandosi, allo spettacolo in sé. Non dimentichiamoci dei costumi, inerenti essi stessi alle opere di Pistoletto, della Cittadellarte Fashion B.E.S.T., un essere dentro Natura e Uomo. Siamo nell’essenza del Lear shakespeariano, nella consapevolezza del proprio essere, nel ritorno all’umano pregno senza ambizioni di sorta, senza potere, meschinità. Metafora della condizione umana, come si legge nelle note dello spettacolo, e, appunto nuova conoscenza, realtà. I personaggi, cinque in tutto, sono quelli che vogliono bene a Lear, lo proteggono: Kent, Edgar, l’irriconoscenza figlia dei figli, e Gloster, a cui Nando Paone dà certezza e presenza, muovendosi bene sul palco, la stessa Cordelia. Tutto si muove in un baratro, da dove si cerca di risalire, di riprendersi. Preziosi è un ottimo attore e cresce anche come regista, soffre annichilito nei panni di Lear e riprende lucidità, amato finalmente, e informato di ciò, abbandonando pazzia e manie di grandezza. E’ un continuo attendere, dal niente iniziale, il nulla. Il saper portarsi appresso saggezza, e aiuto dagli altri. Lo spettacolo ha aperto la stagione di prosa di Vicenza ed è stato accolto da appassionati applausi.


Francesco Bettin, 24/11/23; pubblicato via SIPARIO.IT Recensioni Prosa













"ASPETTANDO RE LEAR" nella Stagione Teatrale 2024



ha scritto:



SIPARIO.it: intervista a ALESSANDRO PREZIOSI



Si è laureato in giurisprudenza col massimo dei voti, a Napoli (sua città natale) e dopo un breve periodo di lavoro Alessandro Preziosi ha sentito di dover virare il suo percorso professionale verso il teatro, sua grande passione. Si è stabilito a Milano, ha studiato all’Accademia dei Filodrammatici, per poi debuttare nell’Amleto con la regia di Antonio Calenda. Ben presto ha iniziato a lavorare anche per la tv, dove ha ottenuto una grande notorietà interpretando il conte Fabrizio Ristori, in Elisa di Rivombrosa. Si è sempre alternato tra fiction, teatro e cinema, lavorando con registi come Armando Pugliese, Faenza, Baracco, Ozpetek, Pappi Corsicato, e mettendo in scena, come regista, diversi spettacoli (interpretati, anche) con elegante spirito visionario, come Il ponte, Cyrano de Bergerac, Don Giovanni, tutti di grande successo. Da diversi anni sta facendo un percorso di grande intensità e studio, e ricerca su testi anche classici, portandoli a teatro con efficacia e rigore stilistico. Ha appena terminato Aspettando Re Lear, di Tommaso Mattei, da Shakespeare, con cui ha debuttato all’Estate Teatrale Veronese, che ha portato in giro in una breve tournée in Veneto, e che riprenderà.

Quando pensi di riportarlo nei teatri, il tuo raffinato "ASPETTANDO RE LEAR"?
Abbiamo finito il primo turno, diciamo, e dovremmo riprenderlo nel 2024, portandolo nelle grandi capitali, Roma, Parigi, Milano.

Quel verbo nel titolo, Aspettando, a cosa si riferisce esattamente?
Allude in maniera molto forte allo stato di nichilismo e di azzeramento che si ritrovano negli scritti di Samuel Beckett. La nostra idea, mia e di Tommaso Mattei, autore del testo, è quella di restituire l’aspetto apocalittico della tragedia di Shakespeare, di questa carambola incontrollabile nella quale i personaggi travolgono il sire e tutti quelli che sono intorno a lui. Considerando che è una tragedia dove tutti i personaggi muoiono, tranne Edgar, quell’attesa del Re Lear, quell’aspettare vuole in qualche modo aiutare lo spettatore, e voleva farlo anche con noi stessi durante l’adattamento. Prendere considerazione di tutti quegli aspetti che restituiscono una tabula rasa, una specie di non senso delle cose che annulla tutto ciò che invece ha senso.

Un po’ di similitudine con l’autore irlandese?
In qualche modo, in Beckett, i personaggi e le atmosfere suggeriscono quello. Da una parte. Dall’altra, nell’adattamento, nella scrittura, nel cercare di mettere a fuoco con la lente di ingrandimento i rapporti tra padre e figlio, Gloster, Edgar e Edmund, e Lear – Cordelia, dove l’attesa diventa invece un senso di speranza. Come se, in qualche modo questo senso del nulla, della morte del linguaggio attraverso il concetto del niente, della morte in vita, del morire prima di morire, come ho scritto nelle note di regia, dà appunto una grandissima aspettativa. E l’attesa è una forma di illusione, appunto, di speranza.

In scena, sul palco, le opere del maestro Michelangelo Pistoletto, un grande protagonista dell’Arte povera. Opere che diventano scenografia. Come mai questa scelta?
Il maestro ha tre figlie…chissà…un certo destino? Quelle opere sono in grande armonia con lo spirito dello spettacolo. Devo dire la verità, però, è stata più una coincidenza che una scelta premeditata, una specie di occasione creatasi. Abbiamo incontrato Pistoletto durante una sua personale, al Chiostro del Bramante, a Roma, e accennandogli a quella che era la storia, e le motivazioni con le quali stavamo affrontando la riscrittura del Lear, il caso ha voluto che le sue opere rappresentassero in qualche modo quello che iconograficamente vedevamo nel nostro spettacolo, e potevano farne parte.

Un levare, un togliere, considerando Pistoletto.
Esatto, tutta arte povera, tutti oggetti in meno. Quindi un Re che parla di un regno che vuole dividere, che è un letto con una palla, un pulpito da dove parla che invece è una struttura per parlare in piedi, un tavolo delle trattative che è un segno porta. O ancora, una porta dove si entra e si esce che è l’uomo di Vitruvio. Arte in meno, elementi di cui liberarsi.

Una sfida, l’arte pura sul palcoscenico?
Fondamentalmente si’, quella che le opere di un artista, chi esso sia, possano essere visitate dall’attore e poi prendere vita e poter rappresentare anche una scogliera, una cornice, una corte dove processare le figlie. Una polifuzionalità delle opere che hanno generato forse il perno intorno al quale tutta la messa in scena, obbligatoriamente si è dovuta imperniare.

Nel frattempo, visto che sei un una pausa teatrale, sei pronto per qualche altra tua sfida?
Dopo la trilogia, Amleto, Cyrano, Don Giovanni, e ultimamente cimentandomi con Van Gogh, Pistoletto e Shakespeare, vorrei cominciare ad occuparmi di Dostoevskij. Lo scrittore russo credo possa essere un autore interessante con il quale confrontarsi soprattutto per quello che riguarda il concetto della fede. Credo sia un autore che più di altri renda moderno, fruibile il ragionato e il rapporto dell’uomo con l’aldilà.

La vera forza del teatro, la sua potenza qual è secondo te?
Intanto quella forza è oggi indiscussa e indiscutibile a differenza delle difficoltà con i quali il cinema sopravvive. E’ un’incredibile realtà quella che il teatro vive oggi, molto rara. C’è sempre stata ma continua imperterrita anche nelle complicazioni di questi anni. La sua forza credo che sia quella di fare il paio con ciò che, al contrario, è la vita di tutti i giorni, che è velocissima e non permette di creare concentrazione rispetto a ciò che si vede. Ad esempio, ancora il cinema:,è difficile che un film possa lasciare spunti di riflessione, farsi delle domande rispetto a uno spettacolo. A teatro la grande forza è quella di rappresentarci, di farci vedere esattamente come siamo in quel momento.

Uno specchio di noi, quindi?
Un processo di condivisione di cui la gente ha bisogno perché è isolata, al di là della retorica dell’uso del telefonino, del rimanere a testa china sui propri oggetti, che poi è la velocità con cui si passa da un argomento a un altro e non si è parlato di nulla. Vedere dunque, inizio, sviluppo, narrazione e conclusione di uno spettacolo, è tanta roba. Credo che le persone in questo modo recuperino la propria dignità. Anche uno spettacolo come Aspettando Re Lear, dall’adattamento non facile, di elementi non così fruibili, tenta un incredibile maelstrom di contenuti, di emozioni, polifunzionalità, arte. Infatti su questo ultimo spettacolo del Lear stiamo realizzando un documentario, con lo stesso titolo.

Dove si potrà vederlo?
Al cinema. E racconterà in modo, credo, interessante, il rapporto tra il cinema, il teatro e l’arte, e lo stile documentaristico. Si vedrà l’arrivo delle opere, in teatro, il Goldoni di Venezia, con lo sviluppo narrativo attraverso molte scene girate all’Arsenale, a Palazzo Ducale e alla Fondazione Cini.

C’è qualche sogno che ha in mente Alessandro Preziosi? Anche come uomo, intendo.
Beh, si’. Sogno di imparare a suonare il pianoforte come Dio comanda, continuo ad avere questa grande illusione che allo stesso tempo è una frustrazione. Lo suono, ma male. Mi piacerebbe suonarlo meglio…

Magari per suonarlo sulla scena?
Certo. Il mio grande obiettivo è fare in teatro il Faust, di Thomas Mann. Con la musica, suonandola direttamente.

Cosa ti ha dato e tolto il successo personale, il gradimento, l’essere amato dal pubblico?
Per quello che mi riguarda il successo mi ha migliorato come uomo. Credo di essere sempre stato una brava persona, ma oggi ancor di più, nel senso che se il successo incontra una persona dalle caratteristiche positive lo rende ancora migliore, appunto, mentre se uno è un cretino, tale rimane, o lo diventa di più. Ed è inversamente proporzionale a quello che ci si immagina che lo stesso determini. E’ un’emozione, un momento, in fin dei conti. Sono un teatrante e quello che vivo alla fine di uno spettacolo, lo devo ripetere il giorno dopo, quindi è una cosa effimera.

A conclusione dell’intervista ti chiedo chi e cos’è un attore, a tuo parere…
Un operatore culturale, con un grande compito. Quello di leggere, imparare e trasmettere. Questo è l’attore, e questo fa, impegnarsi per dare alla gente la possibilità di conoscere cose in un modo che non potrebbe conoscere, altrimenti, in un altro.



di Francesco Bettin, 8/12/23; pubblicato via SIPARIO.IT Attualità













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