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Autore Messaggio
nanà



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MessaggioInviato: Ven Ago 29, 2008 22:14    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Grazie Sarah di passeggiare insieme a noi tra queste meraviglie, spero un giorno potrai farlo realmente.
Io l'ho vissuta intensamente la mia città, eppure ripercorerla è sempre una magia, è come saltare dentro una favola.
Un bacio e buonanotte.
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nanà



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MessaggioInviato: Sab Ago 30, 2008 10:18    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Bella giornata di sole, andiamo a passeggiare tra queste antiche vestigia.
Visitiamo IL SEPOLCRO DI VIBIA
Un ipogeo che risale al III secolo d.C. Qui furono seppelliti Vibia e il marito Vincentius, un sacerdote del dio Sabazio, spesso identificato con Bacco. L’interno è decorato con tre scene: la prima raffigura il "Ratto di Proserpina", nella quale sarebbe da identificare la stessa Vibia; la seconda rappresenta il giudizio che subisce la defunta prima di passare all’aldilà; nella terza scena invece è rappresentato il marito Vincentius insieme ai "Sette Sacerdoti sdraiati a banchetto", dove il banchetto simboleggia i piaceri del mondo ultraterreno.

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sarah72andrea



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MessaggioInviato: Sab Ago 30, 2008 10:30    Oggetto: Re: messaggio Rispondi citando


nanà ha scritto:
Grazie Sarah di passeggiare insieme a noi tra queste meraviglie, spero un giorno potrai farlo realmente.
Io l'ho vissuta intensamente la mia città, eppure ripercorerla è sempre una magia, è come saltare dentro una favola.
Un bacio e buonanotte.


BUON GIORNO NANA...

TI CAPISCO PERFETTAMENTE....ANCHE X ME ROMA E' UNA CITTA' MAGICA E MERAVIGLIOSA...

UN ABBRACCIO SARAH
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GLI AMICI SONO QUELLE RARE PERSONE CHE TI CHIEDONO COME STAI E POI ASCOLTANO PERSINO LA RISPOSTA...
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nanà



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MessaggioInviato: Mar Set 02, 2008 21:34    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Un'altra meraviglia che si inacstona nella strada antica.....
IL MAUSOLEO DI CECILIA METELLA.
Sorge poco prima del III miglio della Via Appia Antica.
Di Cecilia Metella non si hanno notizie personali, salvo che era figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico, e moglie di un Crasso che si presume essere il figlio di quel Marco Licinio Crasso che nel 71 a.C. aveva soffocato la rivolta degli schiavi capeggiata da Spartaco e nel 60 a.C. aveva costituito il primo triumvirato con Cesare e Pompeo.
La costruzione del mausoleo, come mostrano le scene di guerra che accompagnano l'epigrafe, era finalizzata a celebrare l'importanza della famiglia e viene datata alla seconda metà del I secolo a.C..
Il monumento originario era costituito dall'edificio circolare che ancora si erge, installato su un fondamento quadrangolare di opera cementizia. Il tamburo che conteneva la camera funeraria, del diametro di circa 30 metri e alto 39 metri con la merlatura, era interamente rivestito di blocchi di travertino, terminava presumibilmente in una piccola cupola - non più esistente ma ancora testimoniata da un anello di blocchi di travertino, e dall'indicazione monumentum peczutum - cioè momumento "appuntito" - con cui veniva descritto nell'XI secolo
L'arredo è andato completamente disperso, come era inevitabile per un luogo così a lungo frequentato: di un sarcofago trasferito a Palazzo Farnese si disse che era quello di Cecilia Metella, ma lo si attribuiva più plausibilmente ad Annia Regilla, moglie di Erode Attico, il quale nel secolo successivo aveva acquisito vasti possedimenti in quella zona.

UNA FOTO D'EPOCA


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nanà



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MessaggioInviato: Sab Set 06, 2008 16:29    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Di fronte alla Tomba di Cecilia Metella, sorgono i resti della CHIESA DI S. NICOLA; è completamente priva del tetto; fu costruita dalla fam.Caetani al tempo di Bonifacio VIII, faceva parte del borgo sorto all'internob del castello dei Caetani. La sua importanza è dovuta al fatto che è uno dei rari esempi di architettura gotica a Roma.

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nanà



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MessaggioInviato: Sab Set 13, 2008 14:46    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Vi faccio conoscere l'ARCO DI DRUSO, dove passo ogni volta che vado a trovare mia madre a Roma.
Non è propriamente un arco di trionfo, sebbene per secoli sia stato creduto tale, ed erroneamente identificato con un arco che secondo alcune fonti sarebbe stato eretto sull'Appia antica in onore di Druso maggiore nel 9 a.C. In realtà quel che è conosciuto come arco di Druso è di molto posteriore, risalente al III secolo, al tempo cioè in cui fu costruito l'acquedotto antoniano, di cui ne è una parte.
Per la sua collocazione all'ingresso della regina viarum l'arco fu poi successivamente abbellito e decorato; quel che rimane oggi sono due colonne poste su alto plinto che inquadrano la facciata rivolta verso l'esterno della città, e parte del timpano triangolare. Agli inizi del V secolo, sotto l'imperatore Onorio, l'arco fu unito a Porta San Sebastiano, a scopo difensivo, per mezzo di due muraglioni di cui non è rimasto nulla.



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nanà



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MessaggioInviato: Mer Set 17, 2008 22:56    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Un'altro luogo di importante rilevanza religiosa.

Questa piccola chiesetta fu eretta nel IX secolo ma fu riedificata nel 1637 per volere del cardinale Francesco Barberini, a seguito di un violento temporale che quasi dieci anni prima la devastò insieme alla canonica. La tradizione vuole che sia sorta sul luogo dove Gesù sarebbe apparso a Pietro in fuga da Roma per scampare alla persecuzione di Nerone e, alla domanda dell'apostolo "Domine, quo vadis?", avrebbe risposto: "A Roma, per essere di nuovo crocifisso". Pietro, compreso il rimprovero, tornò sui suoi passi ed affrontò il martirio. Nella chiesa è conservata una copia della pietra ( l'originale è nella basilica di S.Sebastiano) sulla quale si ritengono vi siano le impronte dei piedi di Gesù: probabilmente si tratta di un ex voto proveniente da un santuario pagano. A causa di questa pietra, la chiesa ebbe varie denominazioni: S.Maria delle Palme, S.Maria in palmis, S.Maria de palma, S.Maria ad passus, S.Maria ad transitum, S.Maria del passo, nomi che conservò fino al XVII secolo quando assunse il nome attuale.

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nanà



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MessaggioInviato: Ven Set 19, 2008 22:33    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Passando sotto l'Arcodi druso, di cui vi ho già parlato, arriviamo a varcare la PORTA DI S. SEBASTIANO, che è la più grande e tra le meglio conservate delle porte nella cinta difensiva delle Mura Aureliane di Roma.
Una struttura imponente. Il nome originario era Porta Appia perché da lì passava la via Appia, la regina viarum che cominciava poco più indietro.nne poi scelto S. Sebastiano, in ricordo del martire cristiano sepolto nella basilica sulla via Appia poco fuori delle mura. Fu edificata verso il 275, la copertura della facciata era in travertino. Data l’importanza della via Appia che da qui usciva dalla città, soprattutto in epoca romana tutta l’area era interessata da grossi movimenti di traffico cittadino. Nelle vicinanze della porta sembra esistesse un‘area destinata al parcheggio dei mezzi di trasporto privati di coloro (ovviamente personaggi di un certo rango che potevano permetterselo) che da qui entravano in Roma. Si trattava di quello che oggi si definirebbe un “parcheggio di scambio”, visto che il traffico in città non era infatti consentito, in genere, ai mezzi privati. A questa regola sembra non dovessero sfuggire neanche i membri della casa imperiale, i cui mezzi privati venivano parcheggiati in un’area riservata (chiamata ”mutatorium Caesaris”) poco distante, verso l’inizio della via Appia.
Di notevole interesse alcune bozze visibili sul rivestimento in travertino della base del monumento; potrebbe trattarsi di indicazioni per la misurazione del lavoro degli scalpellini. Secondo lo storico Antonio Nibby al centro dell’arco della porta, sul lato interno, è scolpita una croce greca inscritta in una circonferenza, con un’iscrizione, in greco, dedicata a S. Conone e S. Giorgio, risalente al VI-VII secolo, ma non ve n’è alcuna traccia visibile. Ancora, sullo stipite destro della porta è incisa la figura dell’Arcangelo Michele mentre uccide un drago, a fianco della quale si trova un’iscrizione, in un latino medievale in caratteri gotici, in cui viene ricordata la battaglia combattuta il 29 settembre 1327 (giorno di San Michele, appunto) dalle milizie romane ghibelline dei Colonna guidate da Giacomo de’ Pontani (o Ponziano) contro l’esercito guelfo del re di Napoli Roberto d'Angiò, guidato da Giovanni e Gaetano Orsini:
ANNO DNI MC…
XVII INDICTIONE
XI MENSE SEPTEM
BRIS DIE PENULTIM
A IN FESTO SCI MICHA
ELIS INTRAVIT GENS
FORASTERA MURI
A ET FUIT DEBELLA
TA A POPULO ROMA
NO QUI STANTE IA
COBO DE PONTIA
NIS CAPITE REG
IONIS
Ma oltre alle testimonianze di un certo valore storico, l’intero monumento è interessante anche per la ricchezza di graffiti e tracce certamente non ufficiali, ma che documentano la vita quotidiana che intorno alla porta si è svolta nei secoli. Sono probabilmente opera di pellegrini le varie croci incise nei muri ed il monogramma di Cristo (JHS con la croce sopra l’H) visibile sullo stipite sinistro, di fronte all’Arcangelo Michele; sono leggibili molti nomi italiani e stranieri (un certo Giuseppe Albani ha scritto tre volte il suo nome) e varie date, che si possono decifrare fino al 1622; ad uso di viandanti forestieri qualcuno ha anche inciso una sorta di indicazione stradale per la porta o la basilica di San Giovanni in Laterano, visibile appena fuori della porta, sulla sinistra: “DI QUA SI VA A S. GIO…”, interrotto da qualcosa o qualcuno; ed altre indicazioni e scritte di difficile decifrazione, come l’incisione “LXXV (sottolineata tre volte) DE L”, sulla torre di destra. Scrivere sui muri è evidentemente abitudine radicata nei secoli. Il 5 aprile 1536, in occasione dell’ingresso in Roma dell’imperatore Carlo V, Antonio da Sangallo trasformò la porta in un vero e proprio arco di trionfo, ornandola di statue, colonne e fregi, e predisponendo, anche con l’abbattimento di edifici preesistenti, una via trionfale fino al Foro Romano. L’avvenimento è ricordato in un’iscrizione sopra l’arco che, con un’adulazione un po’ eccessiva, paragona Carlo V a Scipione: “CARLO V ROM. IMP. AUG. III. AFRICANO”. Sempre da qui passò anche, il 4 dicembre 1571, il corteo trionfale in onore di Marcantonio Colonna, il vincitore della battaglia di Lepanto. L’elemento che di tale corteo suscitò maggior curiosità ed interesse fu certamente la sfilata dei centosettanta prigionieri turchi in catene. Per l’occasione Pasquino, la famosa statua parlante di Roma, volle dire la sua, ma stavolta senza parlare: fu vista con una testa di turco sanguinante ed una spada.
Attualmente le torri ospitano il Museo delle Mura,


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nanà



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MessaggioInviato: Sab Set 20, 2008 21:26    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Vi porto a visitare vestigia storicamente importanti.
IL CIRCO DI MASSENZIO.

Il circo di Massenzio, detto anche circo di Romolo e (impropriamente durante il medioevo) circo di Caracalla, è un circo romano, fatto edificare intorno al 311 dall'imperatore Massenzio a Roma, all'interno del complesso edilizio costruito al terzo miglio della via Appia, e che includeva la villa di Massenzio e il mausoleo del figlio Valerio Romolo. Era lungo 520 m, con una larghezza nel punto più ampio di 92 m; essendo riservato alla famiglia imperiale e agli amici, era in grado di ospitare solo 10.000 spettatori (il Circo Massimo, per confronto, ne poteva ospitare 150.000). La spina, una struttura che separava i due rettilinei, era lunga 283 m: Massenzio la decorò con un obelisco proveniente dal tempio di Iside al Campo Marzio; in questo obelisco è oggi a Piazza Navona, collocato da Gian Lorenzo Bernini sulla Fontana dei Quattro Fiumi nel XVII secolo.

Oggi il circo è in rovina, ma il muro di cinta ancora in piedi e i resti della spina ne fanno il miglior esempio di circo romano giunto dall'antichità: il motivo di tale stato di conservazione è forse la morte di Massenzio, avvenuta nel 312 ad opera di Costantino I nella battaglia di Ponte Milvio; ciò provocò infatti l'abbandono prematuro del complesso. Probabilmente il circo non è stato addirittura mai usato: negli scavi non si sono trovate infatti tracce della sabbia che avrebbe dovuto coprire la pista.

PALAZZO IMPERIALE DI MASSENZIO
La zona prescelta dall'imperatore per la costruzione del suo palazzo si trovava in una posizione dominante sulla regina viarum, l'Appia, ed era stata una proprietà privata prima di essere annessa al patrimonio imperiale, apparteneva infatti in origine, con tutta probabilità, alla celebre villa di Erode Attico. Tuttavia mentre gli edifici del Triopio di Erode Attico erano disseminati nel verde della campagna coltivata, Massenzio al contrario progettò un complesso “chiuso” dove palazzo, circo e mausoleo contribuivano, ognuno con il suo significato simbolico, all'affermazione dell'idea del potere e della sacralità della figura dell’imperatore. Il palazzo dall'alto della collina dominava con i suoi grandi ambienti absidati il circo, che occupava una valle naturale, e la tomba della famiglia imperiale con l'ingresso rivolto verso l'Appia, da sempre la via dei sepolcri.
Alla morte di Massenzio la proprietà passò probabilmente a Costantino, in seguito divenne possesso della chiesa di S. Sebastiano, poi dei conti di Tuscolo, dei Cenci e dei Torlonia.
Dei tre edifici che compongono la villa imperiale, il palazzo è certamente quello meno conservato: rimangono solo le parti absidali di tre grandi ambienti: quello centrale, conosciuto come tempio di Venere e Cupido, è il fulcro dell'intera costruzione e forse aveva funzione di "aula palatina" destinata alle udienze imperiali. Essa era preceduta da un atrio comunicante con il porticato, affrescato, lungo circa 200 metri che permetteva all'imperatore di passare direttamente dall'abitazione al suo palco nel circo. Il palazzo si imposta su resti di edifici precedenti che subirono numerosi rimaneggiamenti dall'epoca della loro creazione da parte degli Annii nel I sec a.C. fino all'insediamento dell'imperatore agli inizi del IV sec. d.C. Al I sec. a.C. si può far risalire la costruzione della villa originaria dotata di ampio criptoportico. Nella seconda fase, di età Giulio-Claudia, vengono edificati due ninfei in opera reticolata che si affacciano sulla via Appia. Nel punto più alto della collina una grande cisterna provvedeva al fabbisogno idrico degli abitanti del suburbio. Nel II sec d.C. Erode Attico, proprietario dell'area, ristrutturò la villa, costruendo i due gruppi di ambienti attualmente visibili ai lati della più tarda "aula palatina" e il complesso termale, di cui rimangono ancora oggi visibili tre vasche rivestite di marmo. La quarta fase edilizia è quella di Massenzio che trasformò la villa in Palazzo imperiale, con l'aggiunta di grandi ambienti prestigiosi e rappresentativi in opera listata, oltre che il mausoleo.



TOMBA DI ROMOLO
L'imperatore Massenzio fece costruire, all'interno del complesso Massenzio, il Mausoleo di Romolo, per custodire le spoglie del figlio, morto giovinetto; un casale del settecento lo ha inglobato.

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nanà



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MessaggioInviato: Lun Set 22, 2008 22:48    Oggetto: Rispondi citando


Ancora un sito archeologico di grande rilevanza. La VILLA DEI QUINTILI.



E' situata tra il V miglio dell'Appia antica e il settimo chilometro della via Appia nuova.
La villa sorse lungo l'Appia Antica, dove affacciava l'ingresso monumentale, estendendosi verso nord sul poggio creato da una lingua di lava proveniente da antiche eruzioni del Vulcano Laziale, fino al corso d'acqua torrentizio (detto - ancor oggi - Fosso dello Statuario) che l'erosione aveva scavato ai suoi piedi. Dai bolli laterizi rinvenuti, il nucleo della villa è databile alla tarda età adrianea, cioè alla prima metà del II secolo. I nomi dei proprietari sono stati rilevati dalle condutture in piombo su cui erano incisi. Si trattava dei due fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, nobili, colti, consoli entrambi nel 151, e grandi proprietari fondiari. Tenuti in grande onore da Antonino Pio e Marco Aurelio, la loro ricchezza e fortuna suscitò l'avidità di Commodo, che li accusò di aver congiurato contro di lui e nel 182-183 li fece uccidere, appropriandosi dei loro beni. Secondo Cassio Dione alla condanna fu associato anche il figlio di Massimo, che si trovava in Siria, il giovane ed ultimo Quintilio forse fece perdere le proprie tracce, forse morì, ma certo non riuscì mai a tornare a reclamare i propri diritti.
La grande proprietà divenne così una villa imperiale. Funzione che sembra aver mantenuto, stando alla datazione dei restauri e ad iscrizioni, citazioni e ritratti, fino all'imperatore Tacito, cioè fino a tutto il III secolo.
Il complesso rimase poi parzialmente in uso fino al VI secolo (sono stati ritrovati bolli laterizi dell'epoca di Teodorico). Al periodo altomedioevale sono attribuibili ulteriori tracce di utilizzo consistenti in ceramiche e sepolture individuate in alcuni ambienti della villa.
Come accadde per tutte le antiche proprietà imperiali, il fundus dei Quintili passò nei secoli in proprietà di varie istituzioni ecclesiastiche: nel X secolo lo troviamo citato nel patrimonio del monastero di Sant'Erasmo al Celio, poi, dal XII, in quello di Santa Maria Nova (oggi Santa Francesca romana). La tenuta - che veniva detta anche Roma Vecchia, forse per l'imponenza dei ruderi - passò poi (alla fine del Settecento) in proprietà dell'Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Santorum (oggi Ospedale di San Giovanni in Laterano), e nel 1797 fu venduta dal Monte di Pietà, che gestiva i beni dell'Ospedale, a Giovanni Raimondo Torlonia, al quale Pio VI fornì qualche anno dopo anche l'omonimo marchesato, appositamente creato.
La villa dei Quintili sorse in un luogo storicamente prestigioso, all'altezza delle due antiche tombe a tumulo attribuite dalla tradizione agli Orazi e ai Curiazi. Accanto al fundus da loro acquistato - confinante con quello di Erode Attico - era situata tra le altre la sepoltura di Tito Pomponio Attico, l'amico di Cicerone. Fu forse per questa ragione che il primo reperto di cui si ha notizia, il sarcofago contente le spoglie di una fanciulla in ottimo stato di conservazione trovato nel 1485 presso il casale tenuto dai frati di Santa Maria Nova, fu ritenuto essere quello di Tulliola, la figlia di Cicerone, ed esposto al Palazzo dei Conservatori finché non si dovette seppellirlo nuovamente. Quando i terreni divenivano parte del patrimonio immobiliare ecclesiastic, era la Camera Apostolica ad autorizzare a proprio insindacabile giudizio l'uso dei materiali disponibili o ritrovati in loco e gli eventuali scavi. Diverse campagne di scavo furono intraprese tra il 1783 e il 1792 per volontà di Pio VI, allo scopo di arricchire il Museo Pio-Clementino, fondato dal suo predecessore Clemente XIV. Tra le sculture più note rinvenute in questo periodo, attualmente conservate tra i Musei Vaticani, la Gliptoteca di Monaco, il Louvre e collezioni private, si collocano la cosiddetta Venere Braschi

e due esecuzioni del Fanciullo con l'oca.
Con il passaggio ai Torlonia della tenuta, nel 1797, furono ripresi scavi sistematici e tutti i ritrovamenti andarono ad arricchire la collezione privata della famiglia. Tra il 1828 e il 1829 gli scavi furono concentrati attorno ai ruderi più evidenti, tra le aule termali e il cosiddetto Teatro marittimo. Emersero da queste ricerche, fra l'altro, due colonne in marmo cipollino che il Valadier utilizzò per la nuova facciata del Teatro Tordinona, anch'esso di proprietà dei Torlonia. Altri scavi furono effettuati tra il 1834 e il 1840, dei cui ritrovamenti si hanno però pochissime notizie.
Durante gli anni '20 del Novecento furono fatte nuove scoperte, del tutto casuali: le grandi statue acefale di Apollo citaredo

e di Artemide, oggi al Museo nazionale romano a Palazzo Massimo, e - nel 1929 - i resti di una villa rustica al km 7 della via Appia. La qualità delle sculture ritrovate nei pressi ha fatto considerare questo impianto come pertinente anch'esso alla Villa dei Quintili. I reperti sono esposti nell'Antiquarium della villa.
Nel 1998-99 è stata condotta una campagna di interventi sistematici tesa ad esplorare ulteriormente e a rendere visitabili le emergenze principali della villa. Con l'occasione, sono emersi nuovi ambienti e si è resa più evidente l'interconnessione tra i vari spazi.
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nanà



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MessaggioInviato: Mar Ott 07, 2008 23:23    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Riprendiamo il nostro passeggiare per Roma...Voglio farvi conoscere uno dei tanti aspetti di grande importanza storica, e perchè no, di fascino. La Roma che spesso non si prende in considerazione, quella dei sepolcri.
Vi faccio conoscere il SEPOLCRO DEGLI SCIPIONI.
E' uno dei più antichi monumenti romani, uno dei pochi monumenti funebri che, secondo l'uso arcaico, ospitava la sepoltura di un'intera famiglia.
Inglobato in parte in una abitazione del III secolo, fu riscoperto, nonostante se ne conoscesse l'ubicazione approssimativa grazie alle fonti, a due riprese, nel 1616 e di nuovo dai proprietari del fondo nel maggio del 1780, durante lavori per la costruzione di una cantina. Massacrato da scavi condotti coi metodi distruttivi di quei tempi, in cui lo scopo principale era spesso solo quello di trovare tesori, il sepolcro fu restaurato integralmente nel 1926 a cura del Comune di Roma. La fondazione del sepolcro si può far risalire con certezza all'inizio del III secolo a.C. ad opera di Lucio Cornelio Scipione Barbato, console nel 298 a.C., il cui sarcofago, unico rimasto intatto, occupava il posto d'onore ed è ora ai Musei Vaticani unitamente agli originali delle iscrizioni. Sul sarcofago è scritto:« Lucio Cornelio Scipione Barbato, figlio di Gneo, uomo forte e sapiente, il cui aspetto fu in tutto pari al valore, fu console, censore, edile presso di voi. Prese Taurasia e Cisauna nel Sannio, assoggettò tutta la Lucania e ne portò via ostaggi »

Grazie a numerose citazioni antiche, e soprattutto a testimonianze di Cicerone, sappiamo che fu in uso fino all'inizio del I secolo a.C. e il corpo principale fu praticamente completo entro la prima metà del II secolo a.C. Si sa anche che custodiva i resti di un estraneo alla famiglia: il poeta Ennio, di cui Cicerone ci dice esistesse anche una statua di marmo. Invece nessuno degli Scipioni a noi più familiari, l'Africano, l'Asiatico e l'Ispanico fu sepolto qui, ma secondo Livio e Seneca furono inumati nella loro villa di Liternum. Dalla tomba degli Scipioni provengono anche due teste in tufo dell'Aniene delle quali una scoperta nel settecento ed oggi ai Musei Vaticani, ed una scoperta nel 1934 e subito trafugata. La prima testa (alta 24 cm) venne detta di Ennio, cioè del poeta che aveva una propria statua sulla facciata dell'ipogeo, ma è un'attribuzione non corretta, stando almeno alle fonti che testimoniano come la statua di Ennio fosse in marmo, non in tufo. Non è chiaro quindi quale fosse la collocazione di questa statua, probabilmente il ritratto di qualcuno inumato nel sepolcro. La posizione leggermente inclinata del collo fa pensare che si tratti di una parte di una statua, forse una figura sdraiata sul coperchio in posa di banchettante, nella foggia tipica del'Etruria meridionale fin dagli inizi del III secolo a.C. La testa ha un modellato essenziale ma efficace, con il viso tondeggiante, le labbra tumide, il naso largo e le palpebre sottili. I capelli sono accennati molto vagamente e sulla testa porta la corona d'alloro con foglie piccole e rade. La datazione proposta dagli studiosi è la fine del II secolo a.C.
sarcofagi erano circa trenta, collocati lungo le pareti, un numero che approssimativamente corrisponde abbastanza bene al numero di Scipioni vissuti tra l'inizio del III e la metà del II secolo a.C.

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MessaggioInviato: Ven Ott 10, 2008 21:33    Oggetto: messaggio Rispondi citando


CATACOMBE DI SAN CALLISTO

Sono tra le più grandi e importanti di Roma. Sorsero verso la metà del secondo secolo e fanno parte di un complesso cimiteriale che occupa un'area di 15 ettari di terreno, con una rete di gallerie lunghe quasi 20 chilometri, su diversi piani, e raggiungono una profondità superiore ai 20 metri. In esse trovarono sepoltura decine di martiri, 16 pontefici e moltissimi cristiani.
Prendono nome dal diacono S.Callisto, che, all'inizio del III secolo, fu preposto da Papa Zefirino all'amministrazione del cimitero e così le catacombe di S. Callisto divennero il cimitero ufficiale della Chiesa di Roma.
Nel sopratterra sono visibili due basilichette con tre absidi, dette "Tricore". In quella orientale furono probabilmente sepolti il papa S. Zefirino e il giovane martire dell'Eucarestia, S.Tarcisio.
Il cimitero sotterraneo consta di diverse aree. Le Cripte di Lucina e la regione detta dei papi e di S.Cecilia sono i nuclei più antichi (2° sec.). Le reliquie della santa furono rimosse da papa Pasquale I nell'8210: gli affreschi degli inizi del IX secolo sulle pareti raffigurano Santa Cecilia orante, il busto del Redentore e papa Urbano I.Le altre regioni sono denominate di S.Milziade (metà del 3° sec.),dove è posto il sarcofago del bambino che ha la fronte scolpita di episodi biblici; di S. Gaio e di S. Eusebio (fine del 3° sec.), Occidentale (prima metà del 4° sec) e Liberiana (seconda metà del 4° sec) con molte cripte importanti.


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MessaggioInviato: Dom Ott 12, 2008 19:54    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Se verrete a visitare Roma, non mancate di fare una visita alla BASILICA E LE CATACOMBE DI SAN SEBASTIANO; credetemi ne vale la pena.
Le catacombe di S.Sebastiano sono situate al III miglio della via Appia; sono un vasto complesso costituito da 12 km di gallerie, quelle che, per essere situate "presso le cave" (dal greco "katà kymbas") di tufo e pozzolana, furono le prime ad essere chiamate con il termine di catacombe, nome poi esteso alle altre consimili necropoli sotterranee. Il tufo è pietra morbida e porosa e la pozzolana una specie di malta: naturale che utilizzarne e poi ampliarne le gallerie per seppellire i defunti, oltre che una necessità, fu una soluzione pratica. Catacombe uguale a cimiteri, una funzione prettamente funeraria, dove la presenza dei fedeli era contemplata solo per celebrare la memoria di un defunto e non nascondiglio o luogo segreto in cui la comunità cristiana si riuniva per sfuggire alle persecuzioni. Dapprima vasto luogo funerario pagano con tombe a incinerazione e inumazione, nel corso del I secolo d.C. e fino all'inizio del II, nel settore settentrionale sorsero una serie di colombari in doppia fila. Nello stesso periodo, nella zona sud-orientale, fu costruito un complesso edilizio residenziale (detto oggi "villa grande") che venne decorato con pitture parietali, tra le quali va segnalato un bellissimo paesaggio con ville marine su una parete dell'ambiente principale. Il crollo delle volte, avvenuto verso la metà del II secolo, alzò il livello dell'arenario di 3 metri: qui venne approntata una zona nota con il nome di "piazzuola" dalla quale si accedeva a tre grandi sepolcri, in laterizio, ancora pagani.

Il primo apparteneva a Marcus Clodius Hermes, come dichiara l'iscrizione superstite, era composto di due camere sovrapposte: ben visibili, sopra la facciata, le tracce di un muretto che costituivano il "solarium", dove i parenti del defunto si riunivano nell'anniversario della morte del congiunto per consumarvi un pasto leggero in suo onore, una sorta di rinfresco detto "refrigerium". Il secondo sepolcro detto degli Innocentiores, in quanto proprietà di un collegio funeratico così denominato; infine il terzo, detto "dell'ascia", per la figura di questo arnese incisa nel timpano del frontone; composto da una rampa d'ingresso e di camera sotterranea con la volta a botte ornata di finissimi stucchi. Alcuni simboli dell'iconografia cristiana (come il simbolo del "pesce", in greco "ikzùs", che forma le iniziali di una dichiarazione di fede, "Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore") rinvenuti in questi sepolcri indicano una precoce presenza cristiana, a conferma che il passaggio dalla fase pagana a quella cristiana avvenne in modo graduale. L'ultimo edificio d'una certa importanza fu quello oggi denominato "villa piccola", del quale restano un cortile con pavimento a mosaico bianco e nero e un portico a pilastri. Alla metà del III secolo il sepolcreto risulta interrato e l'area occupata da una triclia, una sorta di cortile di forma trapezoidale con pavimento in mattoni e un grande porticato a pilastri dove 600 graffiti conservati sull'intonaco testimoniano quasi 70 anni di refrigeria. Le iscrizioni votive, in latino, greco, siriaco ed aramaico, risultano stilate in onore degli apostoli Pietro e Paolo: qui la tradizione, infatti, vuole che i corpi dei due apostoli fossero stati collocati nel 258, durante la persecuzione di Valeriano, per proteggerli da eventuali profanazioni e qui vi rimasero per 50 anni circa (tanto durò infatti la Memoria Apostolorum) prima di tornare rispettivamente nei propri sepolcri. Si può affermare che il cimitero si trasformò in luogo di culto cristiano dal momento in cui le spoglie dei due apostoli vi furono sepolte, anche se i risultati archeologici, se confermano l'esistenza di un luogo di culto, non confortano l'ipotesi della traslazione dei corpi, forse anche perché nella zona non fu mai ritrovata una vera e propria sepoltura. Privata delle reliquie, la Memoria Apostolorum non aveva più motivo di essere, tanto che, all'inizio del IV secolo, tutte le costruzioni furono smantellate e interrate e al loro posto venne edificata la grande Basilica Apostolorum, che tuttavia dovette lasciare agibile, almeno parzialmente, la triclia. Soltanto alla metà del V secolo il complesso risulta intitolato a S.Sebastiano, ufficiale dell'esercito imperiale, condannato a morte sotto Diocleziano. Secondo la Passio S.Sebastiani, il santo, denunciato per la sua fede cristiana, venne legato ad una colonna e trafitto da numerose frecce. Creduto morto, venne raccolto e curato dalla vedova Irene. Dopo la guarigione, Sebastiano tornò dall'imperatore per proclamare ancora il suo credo. Diocleziano ordinò di ucciderlo a bastonate nel circo presso il Palatino e di gettare il corpo nella Cloaca Maxima. Tuttavia, prima di arrivare al fiume, il corpo si impigliò nei pressi della chiesa di S.Giorgio in Velabro dove fu ritrovato dalla matrona Lucina che provvide a dargli degna sepoltura nella Catacomba. Nell'826 il corpo del santo, conservato nella cripta, fu rimosso e trasferito a S.Pietro per volere di Eugenio II, probabilmente per timore dei Saraceni, precauzione quanto mai fondata, visto che circa venti anni dopo la chiesa venne investita in pieno dalla terribile incursione dei pirati e il monastero, che subì i danni maggiori, fu, sia pur per brevetempo,abbandonato. S.Sebastiano divenne l'apice del famoso pellegrinaggio delle Sette Chiese istituito da S.Filippo Neri e conserva, al suo interno, una delle frecce estratte dal corpo del santo, la colonna alla quale fu legato per l'esecuzione della condanna a morte e l'originale ex-voto pagano che secondo la tradizione riprodurrebbe le impronte dei piedi di Gesù durante l'incontro con Pietro avvenuto dinanzi alla chiesa del "Domine, quo vadis?". L'altare del santo ospita un bellissimo monumento, opera del Giorgetti su disegno del Bernini e il suo corpo riposa sotto l'altare nella stessa conca di marmo dove lo pose Onorio III. Nell'Ottocento iniziarono gli scavi dell'originale struttura paleocristiana, durante la quale vennero alla luce i resti degli edifici primitivi, ancora oggi visitabili grazie ad una scala situata sul fianco sinistro. Percorrendo quelle strette gallerie, illuminate solamente da grandi lucernari, possiamo ammirare i tre tipi di sepolture catacombali: il loculo; l'arcosolio ed infine il sarcofago, una cassa di pietra con bassorilievi, segno di nobiltà di grado e di ricchezza. Nel secondo piano sotterraneo è visibile il loculo di un giocoliere che, secondo l'iscrizione, avrebbe conseguito ottimi primati con la sua cavalla Glauce. Quasi tutti i loculi furono aperti dai barbari che cercavano oro, poi dai cristiani in cerca di reliquie, nella credenza che tutti i sepolti fossero martiri. Molti loculi sono piccolissimi: sepolture di bambini, segno inequivocabile della grande mortalità infantile dell'epoca.


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MessaggioInviato: Ven Ott 17, 2008 21:13    Oggetto: messaggio Rispondi citando


E' il puù grande di tutti i sepolcri che si trovano sull'Appia Antica. E' chiamato Casal Rotondo a causa di un piccolo casale, ora trasformato in villa, che vi fu costruito sulla sommità. Di età augustea, è formato da un corpo cilindrico, originariamente rivestito di travertino, impostato su un basamento quadrangolare. Un'iscrizione frammentaria con il nome di Cotta fece credere all'archeologo Luigi Canina che si trattasse del monumento funebre eretto per Messalla Corvino, console nel 31 a.C., dal figlio Messalino Cotta, avvocato e letterato dell'epoca di Augusto, mentre sembra riferirsi ad un altro sepolcro, anch'esso in forma di edicola circolare, con tetto conico a squame coronato da un pinnacolo, attribuibile, in base ad un frammento d'iscrizione, ad un membro della famiglia degli Aureli Cotta. Questa iscrizione, insieme ad altri frammenti architettonici, furono murati nella parete laterizia a fianco del mausoleo tra il 1830 e il 40 dallo stesso Canina: come si può notare nella foto le nicchie in basso risultano prive di alcuni pezzi che sono stati rubati dai soliti........ Evil or Very Mad


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nanà



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MessaggioInviato: Mar Ott 28, 2008 14:07    Oggetto: messaggio Rispondi citando


Anchequando piove, come oggi, a Roma c'è sempre qualcuno che passeggia tra i molti giardini circoscrizionali, restaurati, costruiti di nuovo. Il bello di questa città è che, malgrado ormnai sia una metropoli, e ancora vi sopravvivono i vecchi parchi, siè cercato di impiantarne altri e quasi tutte le circoscrizioni ne hanno diversi.
Oggi vi porto a visitare iL GIARDINO DI LARGO AMBA ARADAM: è stato realizzato nel 1996, da un'area altamente degradata e dove vi dormivano i senzatetto. Ora è pavimentato con il cotto per mantenere l'armonia con le antiche mura vicine; c'è una fontana circondata da belle aiuole ricche di fiori.

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