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'TERRA RIBELLE' di CINZIA TH TORRINI - mini serie tv RAI UNO
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Autore Messaggio
genziana



Registrato: 22/03/04 13:40
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MessaggioInviato: Mer Nov 10, 2010 11:23    Oggetto: 'TERRA RIBELLE' di CINZIA TH TORRINI miniserie TV su RAIUNO Rispondi citando




    TERRA RIBELLE vince la serata tv di martedì 9 novembre 2010

    7ª puntata: 7.241.000 spettatori, pari a uno share del 24,62%







    Congratulazioni a Cinzia TH Torrini e al cast per il gran finale!


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genziana



Registrato: 22/03/04 13:40
Messaggi: 37243

MessaggioInviato: Mer Nov 10, 2010 13:09    Oggetto: CINZIA TH TORRINI donna e regista intervista AVANTI! 9/11/10 Rispondi citando



ha scritto:




AVANTI! - Cultura & Spettacoli - Pagina 7



      Una donna con la passione per le immagini



Martedì 9 Novembre 2010

Cinzia TH Torrini è una delle più acclamate e apprezzate registe e sceneggiatrici della televisione italiana. Donna estremamente colta e spiritosa, specialista in film d’azione e di grande successo, la sua ultima opera, “Terra Ribelle”, andata in onda su Raiuno, ha ottenuto un boom di ascolti.
L’abbiamo incontrata nella “sua tana”, come ama definire il suo studio, dove ci sono pareti di fotografie in cui la grande regista ripercorre gli anni della sua carriera, i tanti successi, i riconoscimenti ottenuti e i suoi viaggi più significativi.

Lei consegue un diploma al liceo linguistico e poi decide di iscriversi alla facoltà di Lettere e Filosofia. Quando ha capito che la sua strada era il cinema?

No, non ho conseguito la laurea, con grande dispiacere dei miei genitori. Mio padre mi diceva che essere insegnante di lingue era il massimo e, invece, ho avuto la coincidenza di conoscere un signore, che poi ho scoperto essere uno dei fondatori del Centro sperimentale di cinematografia di Roma, che in quel periodo viveva a Firenze, e che mi disse: ‘le lingue si imparano sul posto, le lingue sono il mezzo, iscriviti al Centro sperimentale e vedrai che andando in giro per il mondo imparerai le lingue’. Io, all’epoca, non sapevo cosa fosse il Centro sperimentale. I miei genitori appena sentirono le parole cinema e Roma si mostrarono molto contrari. Per loro andare all’estero era sempre qualcosa di importante, tranquillizzante; quindi quando andavo all’estero potevo uscire di sera e spostarmi. A Firenze, invece, i miei genitori mi imponevano le 22.30 come orario di rientro in casa. Loro si fidavano molto quando andavo all’estero e per questo mi sono iscritta all’Università di Monaco, in Germania, per poi farmi riconoscere gli studi in Italia, facendo esami a Firenze, contemporaneamente frequentavo l’Accademia di cinema e televisione di Monaco, dove insegnavano grandi autori, vedevo i film di Werner Herzog, in un periodo in cui c’era un grande fermento in Germania. Ho fatto il mio primo documentario a Firenze. Io sono nata proprio sull’Arno, a Firenze sud c’era un traghettatore perché ancora non c’erano abbastanza ponti, ho fatto un documentario su di lui. Fino al 1977 chi voleva andare dall’altra parte della città, senza fare un ampio giro, prendeva questo traghetto. Lui era un personaggio che sapeva tutto quello che succedeva a Firenze, perché dalla mattina alla sera ogni persona gli raccontava qualcosa e così ha preso forma il mio primo documentario, raccontando la mia Firenze attraverso il suo traghettatore”.

Questo allora è stato l’incentivo per creare personaggi che compiono grandi imprese. Come nascono le sue storie?

Io inizio a fare un film solo quando trovo identificazione in tutti i personaggi. Devo sentirli dentro e vederli vivi. Entrando a far parte anche dei miei sogni, molte volte quei personaggi diventano veri, reali. A me piace molto osservare le persone e le mie storie, non sempre sono di mia invenzione. Per esempio ‘Terra Ribelle’ è nata quando stavo andando a cavallo in Maremma e, pensando ai butteri e ai briganti nella fine dell’Ottocento, ho immaginato che sarebbe stato meglio trasporre una storia del passato avvicinandomi al western, inventare qualcosa di nuovo. A me piace molto raccontare un periodo storico, come nei film americani con i pirati, i cowboy, dare azione alla storia”.

Quanto si è ispirata a Sergio Leone per realizzare “Terra Ribelle”?

Questa è stata sempre una caratteristica dei miei lavori. Anche in ‘Hotel Colonial’, che ho fatto nel 1986 con Robert Duvall, ho voluto dare spazio allo scenario che molte volte per la televisione, dove si tende generalmente a fare dei primi piani, non è possibile. Lo spazio nei miei lavori diviene parte e protagonista del film”.

Cosa pensa del cinema di oggi e che consigli può dare ad un giovane che vuole iniziare questa professione?

Io non ho consigli. Posso parlare della mia esperienza, che alla fine è stata vincente. Io consiglio di frequentare una scuola, un’accademia. Il fatto di conoscere dà la possibilità di non dipendere dagli altri, di controllare tutto fino ai minimi particolari. Quindi la scuola è importantissima e nella scuola fare i propri film, cimentarsi in cortometraggi, cominciare con poco, essere in grado di raccontare con le immagini. Infatti per me i cortometraggi sono stati dei biglietti da visita per i produttori. Io ho iniziato con i documentari, perché danno la possibilità di osservare la realtà”.

Ripercorriamo un po’ la sua storia cinematografica: nel 1982 presenta un film, “Giocare d’Azzardo”, in cui racconta la condizione di alcune casalinghe e la dipendenza dal gioco. Perché ha voluto cominciare la sua carriera raccontando questo tipo di storia?

Quando 28 anni fa realizzai questo film, mi chiedevano perché avevo raccontato la storia della donna-casalinga. Al tempo non riuscivo a capire perché per alcuni era strano che io raccontassi una storia di questo tipo. Io raccontavo una storia vera, vissuta. A Firenze, dove abitavo, vi fu un periodo in cui c’era una vera e propria malattia per il gioco del lotto, addirittura una signora si suicidò per aver giocato tutto. Questo episodio mi colpì molto. La figura di questa donna, da una parte ‘sfruttata’, che lavora nell’attività del marito, senza essere pagata, senza indipendenza economica, che non aveva mai avuto la possibilità di gestire e di avere qualcosa di suo. Per me era importante descrivere i sentimenti e le emozioni di questa donna, che rappresentava una realtà molto diffusa”.

Per qualche tempo lei ha raccontato la condizione della donna in Africa, così come altri grandi del cinema. Cosa pensa delle donne africane?

Sì. Feci dei documentari per l’Unicef sulla condizione della donna in Somalia. Dalla donna contadina, fino alla donna borghese. Iniziammo a girare l’8 marzo, mi ricordo che c’era una ministra donna e mi ricordo che c’era una grande partecipazione ai loro problemi e alle loro condizioni sociali”.

In molti suoi film la donna ha un ruolo centrale, ma la donna nella società moderna non ha ancora raggiunto un pieno rispetto del proprio ruolo, così come nel cinema ci sono ancora poche donne che hanno un ruolo di regista o di produttrice. Perché ancora esiste questo divario, ha mai pensato a suggerire una soluzione?

Io non sono mai stata femminista anche perché anagraficamente ero leggermente più piccola e non partecipai alle manifestazioni femministe. Ma, in realtà, io cerco sempre di raccontare la donna. Io ho dovuto lottare molto per affermarmi in un mondo dove ci si confronta sempre con uomini, che ti porta a dover essere più forte, a trovare strategie che non sono quelle del divano. Io mi ricordo che ero in Germania, i film fatti dalle mie colleghe erano molto intimisti, molto introspettivi. Io ho cercato di raccontare storie che piacessero anche ad un pubblico maschile, perché se continuiamo a raccontarcelo tra di noi non serve a niente”.

Quanta importanza hanno nella sua vita le immagini?

Io ho avuto sempre molta difficoltà ad esprimermi con le parole, quindi è più facile per me esprimermi con le immagini, esprimere le emozioni. Quando non hai le parole, racconti con le immagini”.

La droga e i giovani sono alcuni temi che lei ha trattato; l’Argentina è uno dei Paesi dove avviene uno dei più drammatici traffici di persone e sostanze stupefacenti. Cosa pensa di questo Paese e come nasce il suo interesse per il Sud America e in particolare per l’Argentina?

La mia scoperta dell’Argentina per ‘Terra Ribelle’ è stata per causa di forza maggiore. Quando ho iniziato a girarlo era il 2 di novembre e in Argentina si va verso l’estate. Era un lavoro di 6 mesi girato prevalente in esterno. Poi c’era la particolarità della natura che somigliava abbastanza alla Maremma. Il lavoro è stato molto intenso. La mia conoscenza dell’Argentina è molto forte a livello di rapporti con le persone, perché vivere tutti i giorni con una troupe di 150 persone, a volte anche molte di più, con le quali rapportarmi. Dovevo anche dirigerle e chiaramente il film è stato anche uno scontro di culture. Questo film mi ha fatto capire dei valori, importanti per queste persone, che noi ormai abbiamo dimenticato. Per esempio ogni mattina tutti si salutano baciandosi, ogni volta che incontravo qualcuno, mi salutavano baciandomi, questo per me era strano, era fuori dal mio modo di essere. Piano piano ho scoperto che non era tanto per farlo, era un modo per scambiare affetto. Per esempio, il tango non è molto diffuso tra i giovani, è più in Italia che si parla di tango. Anche nel modo di pensare, noi per esempio siamo più stressati, loro non hanno mai fretta. C’è stato un bell’interscambio. È più importante l’amicizia, tendono a proteggersi, mentre per noi la prima cosa è mettersi l’uno contro l’altro, loro non hanno questi sentimenti, questo è un atteggiamento che ho apprezzato molto. La grande solidarietà e umanità sono sentimenti molto forti in Argentina. Per quanto riguarda il traffico di persone e la droga, non ho avuto tempo per indagare su questo, ero troppo impegnata a costruire il mio mondo, non sono andata lì come giornalista, questo sarebbe stato un po’ al di fuori delle mie ricerche”.

L’Argentina è un Paese che negli ultimi due anni ha raggiunto grandi successi cinematografici, con grandi talenti, pensiamo al Premio Oscar 2010, o a programmi televisivi molto quotati a livello internazionale. Cosa manca ancora a questo Paese per andare oltre i mercati sudamericani?

Juan José Campanella è una persona straordinaria. Io ho visto vari film per cercare gli attori per ‘Terra Ribelle’ e mi capitò di vedere un lavoro trasmesso per la televisione sugli emigranti realizzato da questo regista che ho trovato veramente molto originale e ben fatto”.

Il cinema italiano nella visione internazionale sembra fermarsi a Fellini, Pasolini e qualche altro grande nome del passato, all’estero pochi sono i nomi che circolano nei circuiti internazionali. Come si spiega secondo lei questo fenomeno?

Non è proprio così. Troisi, per esempio, in Argentina con ‘Il Postino’ è molto conosciuto, così come anche Benigni. Qualcosa arriva, come il film di Sorrentino, o Nanni Moretti in Germania o in Francia. Negli Stati Uniti è entrato lo stereotipo dell’italiano emigrante con la valigia di cartone. Un esempio è ‘Nuovo Cinema Paradiso’ in cui loro vedono un’Italia nella quale si riconoscono, ma se si parla dell’Italia attuale loro non si riconoscono più e questo diventa meno interessante. Pensano più agli aspetti folcloristici. Poi ci sono le commedie, fatte più che altro di parole, dove il sottotitolaggio non arriva, perché perde il ritmo. Questa è una delle ragioni. C’è da dire, inoltre, che si produce sempre meno, si tende sempre meno a rischiare e sempre meno ci sono prodotti di qualità”.

“Terra ribelle” sarà trasmessa in Argentina?

Lo spero. Loro ci tengono tantissimo. In Argentina hanno parlato di questo lavoro tanti giornali, definendolo la loro produzione più importante del momento”.

Qualche giorno fa si è svolta la mostra del cinema di Roma. Cosa pensa della dominanza delle produzioni cinematografiche di lingua inglese?

Si è vero, la dominanza statunitense è molto forte anche perché le produzioni di lingua inglese sono tantissime, anche se a causa della crisi economica sono notevolmente diminuite. Ci sono le produzioni francesi. Ma non dimentichiamo che ci sono popoli emergenti che cominciano a produrre dei film, come la Cina, l’India, al Festival del cinema di Delhi c’erano tante commedie fatte abbastanza bene”.

Lei ha scoperto molti giovani talenti come Alessandro Preziosi, Luca Zingaretti, Vittoria Puccini o Rodrigo Guirao Diaz. Come comprende che un giovane attore sarà un grande interprete?

I provini sono io a farli, li guardo attraverso la telecamera. Devono fare i provini, chi non li fa viene scartato. Vedere anche se mi ascoltano, anche se ancora non hanno esperienza, è importante riuscire a portarli ad esprimere quello che sento. Io vado per intuito, poi non è che trovo subito il personaggio, ma cerco, cerco, man mano mi faccio anche l’idea del personaggio. Per una fiction sono come eroi, poi possono diventare anche degli antieroi, comunque ci deve essere una trasposizione, devono avere una luce particolare, perché il pubblico deve sognare con questi personaggi, deve soffrire con loro. Coloro che hanno con una forte personalità non sono mai dei grandi attori. Gli attori devono esprimere con gli occhi; questa è una caratteristica che io utilizzo moltissimo nelle mie opere”.

Dal 2000 la sua produzione cinematografica si è rivolta al passato, da “Piccolo mondo antico”, da “Elisa di Rivombrosa” a “Don Gnocchi -L’angelo dei bimbi” fino a “Terra ribelle”. Quale è la ragione che la spinge a realizzare questi generi cinematografici?

Sì è vero, ma comunque questo mio avvicinamento alle storie in costume è stato casuale. Angelo Rizzoli mi propose di fare ‘Piccolo Mondo Antico’ e fu proprio lui a difendermi, quando mi attaccavano dicendo che io non avevo mai fatto un lavoro in costume, e lui rispose: ‘anche Visconti prima de ‘Il Gattopardo’ non aveva mai fatto un film in costume’. Lessi in quel periodo Fogazzaro e trovai questa storia molto attuale, molto vera. Quindi ho scoperto che un grande romanzo scritto nell’Ottocento era molto adatto per la televisione. Bastava far parlare gli attori in un italiano attuale. E poi, anche passando i secoli, più o meno le storie si ripetono. Poi fra le varie opere di costume c’è stato un intermezzo con ‘Donna Detective’. La maggior parte dei commissari di polizia sono donne, dicono che sono più brave, più disciplinate, sono quelle che si applicano di più. Per me era importante raccontarla con le telefonate dei bambini che, mentre la madre risolve il caso, chiamano per raccontarle le vicende della scuola, sono cose che succedono tutti i giorni. Giorni fa ero in un bar, c’era la barista che preparava le colazioni, ad un certo punto arriva una telefonata e la barista che urlava al figlio: ‘devi andare a scuola!’”.

Quale storia sta pensando di realizzare in futuro? La seconda parte di “Terra Ribelle”?

Ancora non so se ci sarà un’altra ‘Terra Ribelle’ e che cosa racconterà. Io in ogni lavoro do’ tutta me stessa. Non faccio come alcuni miei colleghi che, non occupandosi direttamente della post-produzione, già stanno lavorando al prossimo. Io non voglio delegare, voglio fino all’ultimo occuparmi di tutto, perché voglio sentirmelo completamente mio”.

MANUELA CIPRI







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MessaggioInviato: Gio Nov 11, 2010 15:50    Oggetto: Secondo me non ci vorrebbe un'altro seguito Rispondi citando


Secondo me non ci vorrebbe un'altro seguito di terra Ribelle,si rischierebbe di vedere dinuovo come Elisa di Rivombrosa che magari il personaggio principale muoia oppure magari un'altro scenario,ma Cinzia ha già avuto il suo successo con Terra Ribelle e l'ultima puntata anche a me ha commosso parecchio Very Happy Razz Exclamation
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genziana



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MessaggioInviato: Mar Nov 16, 2010 13:39    Oggetto: 'TERRA RIBELLE' di CINZIA TH TORRINI miniserie TV su RAIUNO Rispondi citando



Quotidiano.net ospita e intervista Cinzia TH TORRINI :
"La mia TERRA RIBELLE tra passione, storia e internet"


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