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- La magia del teatro -
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mari27



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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:19    Oggetto: Rispondi citando


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- La commedia dell'arte in Italia -


In Italia, questo tipo di spettacolo sostituì tout court la commedia erudita del quattro-cinquecento, ma non soltanto questa: anche molte tragedie e pastorali, infatti, furono invase dalla presenza delle maschere.

Arlecchino e gli altri zanni si trasformavano, in queste occasioni, in servi del tiranno o pastori arcadici, portando sempre e comunque il loro spirito irriverente di buffoni di corte o quello dei poveri diavoli come già avevano fatto i giocolieri nelle sacre rappresentazioni medievali.

Goldoni riporta spesso nelle sue memorie alcuni lazzi, che nel Settecento ormai si erano consolidati, di zanni che agivano anche in tragedie sanguinarie come l'esempio di Belisario, dove Arlecchino, servo del generale bizantino caduto in disgrazia e accecato per gelosia dall'Imperatore Giustiniano, faceva camminare a colpi di bastone il suo padrone ormai cieco.

Oppure nella tragedia Il Rinaldo, tratto molto liberamente dai personaggi del poema di Ludovico Ariosto, Arlecchino servo del paladino protagonista, difende il castello di Montalbano con una padella con cui respinge l'assalto dei nemici.

Goldoni, di fronte a questi inserimenti comici, inorridisce e li riporta nelle sue memorie soltanto per dimostrare la decadenza del teatro italiano all'inizio della sua carriera (intorno al 1730) e sostenendo la necessità di una riforma che sostituisca la vecchia struttura del teatro mascherato con un nuovo teatro più vicino al naturale e con personaggi senza maschere.

Nonostante l'impegno teorico di Goldoni, la commedia dell'arte è ancora ben viva nel cuore degli spettatori suoi contemporanei tanto in Italia, dov'era nata, che nelle principali corti europee dov'era diffusa con nome di commedia italiana e rappresentava, insieme al melodramma, la fortuna dell'arte dello spettacolo italiano.

Nel 1750 Goldoni scrisse e fece rappresentare Il teatro comico, la sua commedia-manifesto, che metteva a confronto le due tipologie di teatro, quello dell'arte e la sua commedia “riformata”, cercando di far accettare sia alle compagnie che agli spettatori la novità di una commedia naturalistica che reggesse il passo con le novità del resto d'Europa come Shakespeare, che nel Settecento cominciò ad essere esportato anche fuori dall'Inghilterra grazie alla bravura di uno dei suoi più eccellenti interpreti di tutti i tempi: David Garrick, o le ultime commedie di Molière che, pur figlie spurie della commedia italiana, cominciavano un cammino d'identità propria che si sviluppò sino a Beaumarchais e alla commedia “rivoluzionaria” di Diderot. Ciò non toglie che ambedue gli autori, sia Molière che Shakespeare, abbiano sentito forte l'influsso dei commedianti italiani.

Molière, in particolare, è stato allievo di Tiberio Fiorilli in arte Scaramuccia, poi diventato Scaramouche, quindi con una filiazione diretta che si sente in commedie come: Don Giovanni e nel Il borghese gentiluomo (soltanto per fare gli esempi più famosi) e alcuni personaggi shakespeariani come: Stefano e Trinculo de La tempesta sono due zanni “all'italiana” dei quali usano gli stessi lazzi e battute e forse persino Falstaff rievoca la figura del Capitano vanaglorioso della commedia dell'arte.

Non si sa se Shakespeare vide mai una commedia dell'arte ma ne subì comunque il fascino, dato che il suo amico-avversario Ben Jonson, altro grande autore del teatro elisabettiano, mise in scena Il Volpone la migliore versione inglese del teatro dell'arte all'italiana.




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mari27



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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:23    Oggetto: Rispondi citando


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- Arlecchino -




È la maschera più nota della Commedia dell'Arte. Di probabile origine francese (Herlequin o Hallequin era il personaggio del demone nella tradizione delle favole francesi medievali), nel Cinque-Seicento divenne maschera dei Comici dell'Arte, con il ruolo del "secondo Zani" (in bergamasco è il diminutivo di Giovanni) il servo furbo e sciocco, ladro, bugiardo e imbroglione, in perenne conflitto col padrone e costantemente preoccupato di racimolare il denaro per placare il suo insaziabile appetito.
Col passare del tempo il carattere del personaggio andò raffinandosi: l'aspro dialetto bergamasco lasciò il posto al più dolce veneziano, l'originaria calzamaglia rattoppata divenne via via un abito multicolore col caratteristico e ricercato motivo a losanghe, ingentilirono gli originari lineamenti demonici della maschera nera, così come la mimica e la gestualità.
Nel corso del Settecento Arlecchino divenne oggetto di svariate interpretazioni ad opera di diversi autori, fra cui Carlo Goldoni, che rivestì il personaggio di un carattere sempre più realistico.
I più grandi interpreti che vestirono l'abito multicolore, furono Tristano Martinelli (m. 1630), Domenico Biancolelli (1646-1688), Angelo Costantini (1654-1729), Evaristo Gherardi (1663-1700) e ai nostri giorni gli indimenticabili Marcello Moretti (1910-1962) e Ferruccio Soleri.



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mari27



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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:25    Oggetto: Rispondi citando


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- Colombina -




Colombina è di sicuro la più famosa fra le servette e forse anche una delle maschere più antiche. Già dal 1530 abbiamo notizia di un personaggio con questo nome nella Compagnia degli Intronati, una delle più importanti fra quelle dei Comici dell'Arte. Solitamente Colombina viene caratterizzata come una giovane arguta, dalla parola facile e maliziosa. Spesso non ricopre un ruolo di protagonista nella commedia, ma, abile a risolvere con destrezza le situazioni più intricate, ha una parte importante nell'economia dello spettacolo. Colombina veste un semplice abito cittadino di colore chiaro, con un grembiule colorato e una cuffietta portata di traverso sul capo. Fra le attrici che la impersonarono si ricordano Isabella Biancolelli Franchini e Caterina Biancolelli, entrambe vissute nel 1600 e, ai giorni nostri Narcisa Bonardi, interprete di molte colombine strehleriane.




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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:28    Oggetto: Rispondi citando






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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:30    Oggetto: Rispondi citando





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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:31    Oggetto: Rispondi citando





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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:33    Oggetto: Rispondi citando






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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:35    Oggetto: Rispondi citando





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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:36    Oggetto: Rispondi citando





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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:39    Oggetto: Rispondi citando


.........era l'epoca, erano gli anni di .... Rivombrosa!

Vi ricordate le scene dei commedianti?......nella prima (......e unica!) serie?

(Purtroppo non trovo le scene/foto inerenti )


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L'ultima modifica di mari27 il Sab Mar 05, 2011 11:21, modificato 2 volte
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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 10:58    Oggetto: Rispondi citando





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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 11:13    Oggetto: Rispondi citando






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MessaggioInviato: Sab Mar 05, 2011 11:19    Oggetto: Rispondi citando






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MessaggioInviato: Dom Mar 06, 2011 20:10    Oggetto: Rispondi citando


Gli attori e le Compagnie

Compagnia di Ser Maphio
Il primo esempio di una compagnia di comici professionisti fu quella che nel 1545 stese un contratto davanti ad un notaio di Padova, la cosiddetta Compagnia di Ser Maphio; questa era una fraternal compagnia formata da:

Maffeo del Re [Ser Maphio], detto Zanin
Vincenzo da Venezia
Francesco de la Lira
Geronimo da San Luca
Giandomenico Rizzo o detto Rizzo
Giovanni da Treviso
Tofano de Bastian
Francesco Moschini.
Come si vede nessuna donna faceva parte della compagnia poiché salirono alla ribalta soltanto con le grandi compagnie della fine del XVI secolo. Di questa compagnia non ci è dato di sapere molto altro ma rimane la prima testimonianza conosciuta di attori che si riuniscono dandosi un regolamento e un riconoscimento anche legale.

In seguito anche i maggiorenti delle città e i nobili cominciarono a chiamare queste compagnie per sollazzare le corti. Con l'andare del tempo, esse divennero gruppi di professionisti alle dipendenze dei vari principi e duchi italiani. In particolare la corte dei Gonzaga assoldò, fin dalla metà del Cinquecento, la Compagnia comica di Zan Ganassa che divenne quella ufficiale della corte di Mantova.



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