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TOURNE' 2018 - 2019 - 2020 ALE con VAN GOGH
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Nuovo argomento   Rispondi    Indice del forum -> Forum Alessandro Preziosi
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Autore Messaggio
genziana



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 09:42    Oggetto: Brunch Solidale ADRICESTA con PREZIOSI per il VAN GOGH 2018 Rispondi citando





con ALESSANDRO PREZIOSI protagonista della pièce

VINCENT VAN GOGH - L'odore assordante del bianco

ROMA Brunch di Beneficenza pro ADRICESTA ONLUS





appuntamento sabato 24 FEBBRAIO 12:30 in punto

presso CUCINA TEATRO ELISEO, via Nazionale, 183





per prenotare 389/2012568 (Marina), 338/7063066

Donando l'Offerta minima Solidale di partecipazione








dal 2004! ADRICESTA ONLUS va in aiuto dei Bambini

Ospedalizzati, a livello nazionale, con Progetti Solidali


a sostegno dei Malati, dell'Infanzia e della Famiglia, e

del processo di Umanizzazione dei Reparti di degenza








ADRICESTA (Associazione Donazione Ricerca Italiana

Cellule Staminali Trapianto e Assistenza)
è una Onlus

promotore e Testimonial ufficiale: Alessandro Preziosi




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marystone



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 13:00    Oggetto: BRAVO ALE!!! Rispondi citando


Caro Ale...leggo solo bellissime recensioni sulla tua interpretazione del tuo VINCENT!!!! Laughing Laughing Laughing I giornalisti e critici ormai non hanno più aggettivi per definire la tua superba recitazione!!! Laughing Laughing Laughing
BRAVOOOOOOOOOOO.....penso che un premio quest'anno non te lo toglie nessuno!!! Laughing Laughing La tua grande fatica mentale e fisica viene premiata dal grande successo di pubblico e di critica!!!! Laughing Laughing Laughing

A presto e un abbraccione Smile Smile

mariella
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genziana



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 18:58    Oggetto: VINCENT VAN GOGH al Teatro ELISEO di ROMA - 13/02-04/03/2018 Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI, nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH - L'odore assordante del bianco

dal 13 febbraio al 4 marzo '18 - ROMA, Teatro Eliseo




testo vincitore del Premio Tondelli Riccione Teatro 2005



di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi








recensione 17 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA




ha scritto:




    VINCENT VAN GOGH -
    L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO

    Alessandro Preziosi scuote il Teatro Eliseo



Al Teatro Eliseo fino al 4 marzo 2018 Alessandro Preziosi in scena con un testo scritto da Massini, complesso, unico ed emotivo, da sostenere per un’ora e mezza



Difficile entrare ed uscire da un personaggio così articolato e geniale, Alessandro alla fine dell’interpretazione, nei camerini, è visibilmente scosso e in difficoltà oltre alla fatica si percepisce il lato più viscerale, turbato. Gli occhi blu sembrano ancora quelli sgranati di Van Gogh.

Il bianco è il colore dominate del palcoscenico, crea inquietudine, la sensazione di freddo, di vuoto e il nulla vengono accentuati dalla scenografia storta che ricorda il quadro “La camera di Vincent ad Arles” olio su tela, 1888. Gli oggetti di scena sono pochi, un’orchidea bianca poggiata a terra e un quadro bianco con una tela apparentemente immacolata. In pieno contrasto con i quadri che che tutti conosciamo di Van Gogh pieni di colori vivaci. Tra gli altri oggetti un letto e alcune sedie che vengono portati e tolti dagli infermieri.

Vincent è nel manicomio Saint Paul de Manson vicino ad Arles in Francia, un ex monastero diventato nel 1855 ospedale psichiatrico. Si è fatto internare volontariamente, sia per la sua serenità sia per quella degli altri. Ma il “soggiorno” è terribile e le incredibili regole del manicomio lo fanno diventare ancora più pazzo.




I bagni freddi prolungati per oltre quattro ore, la mancanza di libri, pennelli e colori, dover pagare una tela per dipingere di nascosto, queste condizioni lo affossano ancora di più.



Siamo nel 1889, Van Gogh vuole uscire, si aggrappa a Theo (Massimo Nicolini) il fratello, ma ha tutti contro: il Dottor Vernon-Lazàre (Roberto Manzi) e gli infermieri (Alessio Genchi, Vincenzo Zampa) che lo considerano solo pazzo. L’isolamento lo uccide. Il Direttore del manicomio (Francesco Biscione) gli dà una speranza, poter dipingere e forse, poter uscire.

L’unica speranza è nel fratello Theo, i due sono legati da un affetto sincero e puro, che tuttavia non sarà sufficiente a salvarlo dal suicidio.

Un atto unico, un unico fiato sospeso, un’intensa interpretazione di Alessandro Preziosi, dolorosa e forte affiancato da un fratello fermo deciso e intimamente sofferente. Bravi.



Sara Cacciarini, 17/02/2018; pubblicato via ILTERZOnews.it di ROMA





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genziana



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 20:50    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 17/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 17 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA





ha scritto:




    VINCENT VAN GOGH” .-. La Recensione



Al Teatro Eliseo fino al 4 marzo è in scena “VINCENT VAN GOGH - L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO”, di Stefano Massini ispirato alle lettere che il pittore scriveva nel 1889 a suo fratello Theo mentre era ricoverato nel manicomio di Saint Paul. La scena si apre su una stanza vuota d’ospedale: un fascio di luce viene proiettato su un pavimento bianco, un corpo rotola, e inizia il viaggio nella mente dell’artista e in tutte le sfaccettature di una malattia psichiatrica.

Si susseguono lunghi dialoghi con il fratello che è venuto a trovarlo e i suoi dottori, verso cui si ripropone un’unica incalzante richiesta: uscire per tornare a dipingere. Il bianco delle pareti, del letto e dei fiori in quella stanza sono un cappio che lo stringe fino a soffocarlo, ha bisogno dei suoi colori per continuare a respirare.

L’essenza di questa pièce è tutta incentrata sulla commistione dei sensi nel sentire e percepire il mondo attorno all’artista. Si può assaggiare un colore o sentirne addirittura l’odore. Il punto di vista dell’artista diventa l’insieme delle sensazioni che si mescolano per descrivere ciò che esiste e in questo modo diventa unico, al servizio del mondo intero che non potrebbe altrimenti percepirlo.

La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto. In questo bianco scenario ci ritroviamo a seguire una seduta psicanalitica, Van Gogh si racconta, come uomo e come artista, rinchiuso in un mondo isolato che lotta contro la sua malattia e contro chi vuole curarlo e che come strumento terapeutico gli toglie l’unico modo di esprimersi. I colori sono il suo modo di comunicare e, non averli, equivale a smetter di respirare e quindi morire.

L’autore Stefano Massini, con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea. Il testo è vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva”.

La regia di Alessandro Maggi è convincente e vivida, sempre attenta, priva di cali di ritmo. Lo spettatore rimane attento e ammaliato sin dall’inizio seguendo il percorso intimo e tragico del protagonista.

Le scene e i costumi di Marta Crisolini Malatesta sono minimali, le bianche pareti sembrano come pennallate che coprono i colori del pittore. Nonostante la scena sia fissa in quella camera il disegno delle luci di Valerio Tiberi e Andrea Burgaretta danno allo spettatore l’impressione che la stanza cambi grazie alle proiezioni che mettono in atto.

La musica accompagna e completa la rappresentazione dialogando con gli attori assumendo lo stato di personaggio, Giacomo Vezzani ha curato in maniera magistrale l’aspetto sonoro mescolando brani tra loro davvero molto diversi da Wagner ai Depeche Mode.

Vincent Van Gogh vive sul palco grazie a un convincente Alessandro Preziosi con una recitazione piena e vigorosa, capace di incarnare con grande maestria un malato psichiatrico e allo stesso tempo un baluardo dell’arte pittorica.



Silvia Scalamonti, 18/02/2018; pubblicato via ILFOYER.net - Teatri





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genziana



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 20:53    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 13/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 13 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA





ha scritto:




        . ANCORA E SEMPRE VINCENT



Van Gogh, o la Valchiria della follia. Spettacolo in scena al Teatro Eliseo fino al 4 marzo. Stavolta prova a raccontare il genio, recluso in una casa di cura per malattie mentali, un ispiratissimo e magistralmente bravo Alessandro Preziosi, sostenuto da una compagnia davvero fantastica, perfettamente nei ruoli per la rappresentazione del dramma. Analogamente per la scenografia, immersa in una luce abbagliante e schiacciata sul tono monocorde di un bianco immacolato, piatto come un non pensiero. Un marmo di Carrara su cui la follia geniale di Van Gogh scolpisce le sue Pietà e i suoi David, che sfidano i giganti neri con mani che impugnano le forbici come fionde. Un piano inclinato per la rappresentazione; le pareti sghembe su cui volano bassorilievi di corvi e si profilano le linee potenti, mulinellanti come gorghi di lago delle pennellate di Vincent. Poi, visioni profonde dal volume finto di un ologramma per rappresentare ciò che non ha spessore, ma è riempito da un volto e dai suoi pensieri: quello del fratello Theo, barca sicura sul lago di Geremiade in tempesta che attende il suo Signore delle acque. Il registro. Il registro: la pietas e la liberazione. La Shindler’s list delle ombre scomparse. Nella sua testa si precipita il ciclone tropicale di un mondo di colori che viene dalle barche, dal mare, dai volti rugosi dei pescatori e che ha fretta, tanta fretta e irrequietudine di essere rappresentato dalla mano di Van Gogh, come un banco di avannotti alla ricerca suicida della loro balena.

La Luce, oh quanta Luce. Quella dei paesaggi ricolmi di grano, forte e nutriente come la vita; quella che va imprigionata sulla tela nel furore sfolgorante dei gialli e dei verdi. Poi, quei voli neri di corvi: per molti solo un cattivo presagio ma per lui, l’Artista, è l’articolo, il pronome stesso della parola e dell’essere in Libertà. Tutto e nulla è visione. La sagoma dipinta al carboncino rubato che condanna alla censura della Storia lo scellerato cerusico caporeparto, che fa della malattia mentale una progenie da torturare nel più intimo delle sue cellule, con il collo appena fuori della vasca: lì a marcire per ore. A udire l’inudibile con il tempo che passa. Le grida degli animali, scimmie in gabbia dalla voce umana. Le mani amputate dalla regola: vietato dipingere. La Mente umiliata dalla carestia della scrittura: vietato leggere. La corruzione laddove nulla è consentito che consente di sopravvivere alla reclusione a vita grazie alla leva dell’interesse venale, per una guarigione che i guaritori giurano non arriverà mai. La folla urlante che scaccia l’Arte stessa dai suoi borghi, perché colui che ne porta il seme è un diverso, un pericoloso inconoscibile uomo.

Poi ecco colui che veste come il grande Maestro viennese ma vien dal mare. Lui che vuole solcare l’oceano di pensieri in sussulto perenne che scuote le notti e i giorni di Vincent. Herr Director che intende andare alla pesca miracolosa del genio, perché come Valery sa che i capolavori della scrittura e dell’arte nascono dalle loro cancellature. L’errore, la disperazione come metodo della scoperta di sé e del mondo. Come fa Giacometti nel suo infinibile “Final Portrait”. Non c’è pace tra i colori ma solo un’enorme, inconcepibile energia radiante. Vincent è essere allo stato gassoso: riempie tutto all’intorno di se stesso, del suo tormento, vittima e carnefice dell’aggressione di quel reale che vuole a tutti i costi possedere come un semidio dell’Olimpo!




(*) Per informazioni, prenotazioni e biglietti: Teatro Eliseo


Maurizio Bonanni, 15 febbraio 2018; pubblicato via OPINIONE.it Cultura





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claudia_napoli



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MessaggioInviato: Dom Feb 18, 2018 21:07    Oggetto: Rispondi citando


Caro Alessandro ci tengo tanto a scrivere le mie impressioni sul vostro spettacolo, perchè io sono una persona che le cose le "sente" e quindi durante lo spettacolo mi emoziono, l'emozione è il mio metro di giudizio. Per questo prima di uno spettacolo non leggo mai nè la trama nè le critiche di altri, semmai le leggo dopo per ritrovarci qualcosa di mio.

Questo tuo spettacolo mi ha colpito davvero tanto, ho sentito da subito, ad inizio spettacolo, quel senso di angoscia che ti prende quando si tratta di malattia mentale, lo hai caratterizzato davvero alla grande con le luci basse, quel tumulto creato dai suoni che rappresentava la confusione nella tua mente, la disperazione di non sentirsi lucidi e padroni di sè stessi. Mi ha toccato anche perchè io in famiglia ho avuto due persone a me molto vicine (nella mia fam di origine) che sono state ricoverate in cliniche psichiatriche, perciò ho visto da dentro cosa vuol dire legare una persona al letto... sono esperienze che, anche se indirette, mi hanno abbastanza segnata, mi tolsero un po della mia innata spensieratezza....
Altro motivo per cui ti capivo molto bene è che anche io dipingo e capisco questo odio per il non colore e pensare che ad un artista venga tolta la tela e il cavalletto.... che cosa tremenda.... Dentro di me la tua rabbia saliva di pari passo con l'andare avanti dei dialoghi, come dire... tifavo dentro di me per farlo fuggire quella sera stessa. Ma poi piano piano cresceva la tristezza in modo inversamente proporzionale al colorarsi delle pareti. le pareti si coloravano si, lui poteva avere le sue tele e colori, ma non sarebbe più uscito come programmato. E questo per un artista lo trovo tristissimo....
E' come chiudere il mare in un bicchiere Crying or Very sad Crying or Very sad Crying or Very sad
Mi sono commossa quando Vincent ha detto -la mano non c'entra niente, sono importanti gli occhi e noi siamo solo un tramite tra i colori..la realtà...e la tela- questo è il genio creativo non un pazzo...
Eccelso tu, egregio il direttore, e anche quell'odioso dottore, odioso veramente tanto, l'ho odiato per come osava far credere ad un genio, che la realtà che lui vedeva, non esistesse.
Come ti dicevo stasera, ieri sera eravamo a vederti io Lele e i miei familiari, marito e figlio, ho pensato di portare mio figlio perchè la sua maestra di italiano ama molto l'arte e gli parla spesso dei pittori e ultimamente li aveva portati anche a vedere il film sulla vita di Van Gogh.
Era forte l'argomento si, ma mio figliol'ho abituato fin da piccolo a vedere film anche drammatici, con me accanto che gli spego la vita, perchè non voglio che cresca con l'illusione delle favole. La vita è anche dramma.

Un caro abbraccio pieno di affetto,tvb

PS: giorni fa ho partecipato ad una mostra vicino al Pantheon con un mio quadro, poi magari un giorno te li mostrerò...
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Con tutto l'oro del mondo non si può comprare il battito del cuore, nè un lampo di tenerezza-de Lamartine
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freccia tricolore 33



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MessaggioInviato: Lun Feb 19, 2018 00:40    Oggetto: Bellissimo spettacolo Rispondi citando


L 11 Febbraio sono stata a Firenze,su questo viaggio mi sono fatta delle belle prospettive per il mio morale psicologico e futuro,e non sono stata assolutamente delusa Alessandro,mentre ero in treno pensavo ,voglio che questa giornata serva a farmi stare bene una volta per tutte,e così è stato,un ringraziamento ovvio va a te Alessandro che hai reso lo spettacolo grande e unico,a Francesco Biscione bravissimo e la sua attorialita e bravura mi è rimasta impressa,e ai ragazzi ovviamente,ah ciliegina sulla torta alla fine con i Depeche Mode che secondo me ci stavano benissimo anche durante lo spettacolo,ma le musiche erano bellissime,un abbraccio caro Vincent alias il nostro Alessandro
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Adriana
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Beate-1969



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MessaggioInviato: Lun Feb 19, 2018 14:54    Oggetto: Rispondi citando


Ciao caro amico Alessandro!! Laughing

Ho visto il tuo grandioso "Vincent van Gogh" nel 8. febbraio a Firenze!

Grazie mille ad te e tutta la tua grandissima compagnia!

Grande complimenti! Avete dato me e mio marito emozioni grande!

Cara amico tu stato in questo ruolo, meraviglioso, grandioso e molto, molto emozionale! Grande complimento!

Sono stato profondamente toccato e scosso!

Sei davvero il grande Re del palco!!

Applausi Applausi moltissimo per tutte voi!

Un abbraccio fortissimo e mille baci con grande e sincero affetto, dalla Germania!

TVTB, VVTB! Sempre!!!

Saluti

Bea Laughing Laughing
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Mi dispiace per il mio cattivo italiano

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Marisol



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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 13:43    Oggetto: Rispondi citando


"Las enfermedades con las que nosotros personas civilizadas trabajamos más a menudo son la melancolía y el pesimismo".

"Sólo delante del caballete pintando siento un poco de vida"
. (Vincent Van Gogh)


Autorretrato - Saint-Rémy alla fine di agosto - 1889 (Galería Nacional de Arte - Washington D.C)



Caro Ale,

Grazie alle opportunità che ho avuto di leggere le recensioni sul "Vincent Van Gogh. L'odore assordante del bianco", grazie a puntuale e straordinario lavoro di Giuly nel forum (come sempre), ho potuto vedere con grande gioia questa volta (se ho letto correttamente), che solo se parla del tuo lavoro, questa volta la bellezza (fisica) di Alessandro Preziosi non è menzionata ... final e felicemente Very Happy !

Si parla di intensità, di grandezza, straordinaria, superba, ottima, enorme, magnetica, meravigliosa interpretazione, un bravissimo attore ... senza pari lavoro di Alessandro Prezioso, ma non della sua bellezza e questo mi rende felice, molto felice.

E sai perché?

Molto semplice, perché finalmente tutte quelle persone, che dicono solo che il signor Preziosi non è un attore, che il signor Preziosi è solo un volto e dei begli occhi; perché tutti quelli che sentono solo un'invidia corrosiva quando dicono che il signor Preziosi ha solo un bel fisico... ora, ora dovranno stare zitti e ingoiare tutte quelle parole... perché è un attore fuori serie, non lo dicono solo le "donne innamorate" della loro bellezza, lo dicono anche loro, i critici teatrali!

Sono felice, molto felice, mio caro Ale, per te e per tante donne che "siamo innamorate"... del tuo lavoro e carriera professionale Wink Wink !!

E ora, mio caro amico Ale, preparati a continuare a ricevere assordanti applausi Wink Razz !!

Un grande IN BOCCA AL LUPO per questa settimana a Roma Very Happy Very Happy !!

Tanti baci con grande e sincero affetto da Madrid Razz Razz !!



TVB Ale e... a presto Wink Wink!!

Marisol

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La vera ricchezza è prendere la vita con amore, donando amore.



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genziana



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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:00    Oggetto: VINCENT VAN GOGH al Teatro ELISEO di ROMA - 13/02-04/03/2018 Rispondi citando




la rassegna stampa selezionata del Forum ufficiale di


ALESSANDRO PREZIOSI, nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH - L'odore assordante del bianco

dal 13 febbraio al 4 marzo '18 - ROMA, Teatro Eliseo








    tournée e recensioni; cast e creativi; foto e commenti al LINK




ha scritto:




Alessandro Preziosi in Vincent Van Gogh l’odore

assordante del bianco
scritto da Stefano Massini





La scena si apre su una stanza dalle pareti bianche. Il pavimento è in pendenza. Un uomo vestito di bianco si rotola sul pavimento. A illuminarlo, un fascio di luce bianca.
Siamo all’interno del manicomio di Saint Paul dove Van Gogh fu rinchiuso nel 1889, l’anno prima della sua morte. È il trionfo del nulla, della monotonia. Un posto privo di stimoli, ma soprattutto privo di possibilità di migliorare. Van Gogh è solo. Senza più affetti, senza più i suoi quadri, senza più possibilità di distinguere che cosa è reale e che cosa non lo è. Un uomo che per tutta la vita ha vissuto lasciandosi penetrare dalla natura e dalle persone per fissarle sulla tela. Prigioniero dell’immaginazione, di una realtà vista con gli occhi dell’artista e trasfigurata in linee e colori che, pur allontanandosi dal realismo, ne colgono le sfumature più veritiere. Fondamentale nella vita dell’artista, così come sulla scena è il fratello Theo.
Van Gogh vuole uscire, si aggrappa a Theo il fratello, ma ha tutti contro: il Dottor Vernon-Lazàre e gli infermieri che lo considerano solo pazzo. L’isolamento lo uccide. Il Direttore del manicomio gli dà una speranza, poter dipingere e forse, poter uscire.
L’odore assordante del bianco”. In un’unica frase si fa riferimento a tre sensi diversi: l’olfatto, l’udito e la vista. I sensi sono il nostro punto di contatto con la realtà. Sono ciò che ci permette di conoscerla. Se smettono di essere affidabili, se si confondono tra di loro, non si può essere più certi di nulla. In Van Gogh, che da artista dovrebbe riprodurre il mondo sensoriale solo attraverso l’immagine, i sensi si mescolano. Non c’è più un mondo oggettivo, ma una serie di mondi possibili. E Massini porta lo spettatore dentro questi mondi e Preziosi è veramente bravo nel restituire l’angoscia e l’inquietudine di un uomo che ha “spezzato il filo”, che sa di essere affetto da allucinazioni e che dovrà sempre chiedersi se le cose siano reali.



pubblicato in News BiblioTu Biblioteche di Roma :riduzioni Bibliocard





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genziana



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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:03    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 13/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 13 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA




ha scritto:




      la bellezza e la follia dell’arte all’Eliseo



In un luogo dell’assenza – dove predomina un bianco dilaniante per gli occhi, pesante per il respiro e assordante per la mente, dove la campagna senza tempo è percepita e presente nell’assenza e i corvi sono lì – li vediamo e quasi li aspettiamo, ci appaiono senza vederli – Vincent Van Gogh è annichilito in posizione fetale sul pavimento, rotolando su quel confine indefinito tra lucidità e follia, tra il tangibile e l’onirico, nel periodo che precede la sua morte.

Appare Theo, suo fratello – un Massimo Nicolini direttamente uscito dall’autoritratto/ritratto del fratello che Van Gogh realizzò nel 1887. E da qui comincia la performance di Alessandro Preziosi, un atto unico – con la regia di Alessandro Maggi – di un’energia rabbiosa che gli parte dalle ossa di tutto il corpo e che ci trasmette all’istante con gli occhi, con i piedi e con le mani. La rabbia di una prigionia incompresa in un dove opposto al sogno della sua Casa Gialla di Arles, una prigionia inaccessibile, in cui è costretto all’esilio forzato dalle sue tele e dai suoi colori. In un andare, a volte troppo lento, di questo acuto testo di Stefano Massini, Preziosi riesce a incalzare e a scandire il ritmo forzandolo e determinandolo nella fatica di divenire altro da se stesso, un artista. Van Gogh.

Arrivano gli altri personaggi come brusii fastidiosi del mondo esterno ad abbassare il tono, a deteriorare questo candore di follia. Sono gli infermieri del manicomio Saint Paul de Manson in Provenza seguiti dal dott. Peyron – Francesco Biscione – che mitiga per un attimo la follia di questo personaggio socialmente placido. Tre momenti cruciali dai toni differenti per uno spettacolo dall’andamento incostante che ruota intorno a un’allucinazione, sulla scena di Marta Crisolini Malatesta che rimane per tutto il tempo una tela su cui vomitare quei colori che ti entrano dagli occhi in un attraversamento ora di luce ora di parola
Ci vuole del talento, quello vero per stare in scena ininterrottamente per quasi novanta minuti, modulando voce, sentimenti, realtà, follia, pensieri, sogni, ricordi e riversarli sul pubblico sotto forma di colori, dipinti, capolavori. E ci vuole del talento, quello vero, per una così bella scrittura, una così indovinata scenografia che basterebbe da sola a raccontare anche ai profani la genialità dell’artista olandese.




Marianna Zito, 14/02/2018 - pubblicata via ModulazioniTemporali.it




VINCENT VAN GOGH. L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCOuna produzione KHORA.teatro in scena al Teatro Eliseo di Roma fino a domenica 4 marzo.






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genziana



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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:06    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 16/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 16 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA





ha scritto:




      L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO:

      Vincent VAN GOGH all’Eliseo di Roma



Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti - va bene, non, è malsano”.

Recitava così un passo tratto da Lettere a Theo, di Vincent Van Gogh, in cui l’artista disponeva il suo pensiero su come i dipinti dovessero essere pregni di quello stesso sentimento che il soggetto ritratto emanava. La perfezione del quadro sta nel difetto, poiché esso rende vero ciò che si vuole mostrare. E’ solo un frammento del concetto supremo che questo grande uomo ha tramandato nei secoli. Da un paio d’anni ogni forma d’arte sembra essersi stretta a pugno per donare maggior gloria a tutti quei pilastri del passato che con le loro tele sono divenuti gli astri più brillanti nel cielo della pittura. Il cinema documentaristico ha scoperto nuove frontiere grazie alle opere del Caravaggio e di Raffaello; la tecnologia ha plasmato le full immersion nelle creazioni senza tempo di Monet, Klimt e dello stesso Van Gogh.

Con “L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO”, Stefano Massini ha preceduto questo turbine di rievocazione pittorica e grazie alla sua drammaturgia, nutrita di un’intensa potenza espressiva, si è guadagnato il consenso della critica, trionfando nel 2005 al Premio Tondelli a Riccione Teatro. La KHORA.Teatro, con il TSA Teatro Stabile d’Abruzzo, in collaborazione con Festival dei Due Mondi, colgono l’occasione per trasmutare la parola dalla carta al palcoscenico, dando vita ad un’opera che trova in Alessandro Preziosi il suo più degno portavoce.

1889. Vincent Van Gogh è internato nel manicomio di Saint Paul. Il suo unico desiderio è quello di tornare ad essere libero, lontano dall’oppressione del luogo e da coloro che gestiscono la sua degenza. Il sipario si solleva e lo spettatore subisce da subito un impatto visivo agghiacciante. Tre pareti colossali si ergono intorno al protagonista, disteso su un pavimento rialzato che crea una prospettiva simile a quella di un dipinto. Ogni cosa è bianca. Quello che in altri contesti verrebbe ammirato come uno status idilliaco, quasi paradisiaco, per toccare una dimensione spirituale, per un pittore è peggio dell’Inferno. Van Gogh, che ha proiettato sulla tela i colori della natura, della vita e delle espressioni della mente umana, si trova incastrato in un limbo privo di ogni sfumatura, contrastato da un regolamento che gli nega ogni forma di creatività. Dal fondale emergono ombre neutre e senza volto che si animano non appena entrano in contatto col protagonista. In un primo momento l’artista è etichettato come innocuo, ma le continue angosce della sua mente creano manifestazioni visive che confondono persino la realtà dello spettatore, non facendo altro che deteriorare lo stato del paziente, fino a trasformarlo in un violento. L’unica flebile speranza sembra essere data una piantina: anch’essa candida, dal bocciolo alla radice. Un elemento carico di simbolismo, talmente al di sopra da essere ignorato persino dagli infermieri e dal primario. Sempre in luce, anche quando sul palco cala la penombra, la pianta, simbolo di rinascita e di speranza, sembra anch’essa relegata alla prigionia. La chiave di lettura del testo non va ricercata nelle parole, ma nel contesto stesso. Pare di trovarsi non all’interno di un luogo reale, ma nella mente del pittore, in una dimensione spazio temporale distorta, dove i ricordi e ciò che è stato si fondono col divenire, annullando ogni logica di pensiero e catapultando chi osserva in una metafora surreale.

Il ritmo di cui gode lo spettacolo è paragonabile ad una pira in fiamme: deboli scintille accendono l’erbaccia secca, fino a divampare in un incendio circoscritto ma imponente. Le fiamme danzano, così come gli attori sulla scena, i quali creano partiture di movimento precise e ben lavorate, simili a delle pedine mosse da un’invisibile mano.

Alessandro Preziosi anche questa volta si conferma una macchina da palcoscenico indomabile. L’attore partenopeo suda (letteralmente) sette camicie. La sua prova attoriale non conosce cali, ancorché sia sempre in scena per ben novanta minuti. Divora lo spazio e la parola con padronanza ed energia. Una forza catalizzatrice anche per gli altri interpreti, che di certo non sfigurano in sua presenza. Alessandro Genchi e Vincenzo Zampa danno vita agli infermieri Gustav e Roland. Il loro ritmo, i toni quasi lirici e le tempistiche degli scambi di battute, li trasformano in personaggi surreali, tecnicamente paragonabili a Tweedledum e Tweedledee di Alice in Wonderland, ma cinici e privi di qualsivoglia verve comica. Sulla stessa onda di lirismo va segnalato anche l’ottimo lavoro compiuto da Roberto Manzi, che con Preziosi aveva già recitato nel Don Giovanni di Molière. Il suo personaggio, il Dottor Vernon Lazàre, è prepotente, sommerso in un egocentrismo e un narcisismo patologico, le cui sfumature si incrociano con quelle del protagonista fino a sfociare nella violenza autocelebrativa.

I dialoghi che Van Gogh intrattiene con la proiezione mentale di suo fratello (un bravissimo Massimo Nicolini), vengono soppesati dal giudizio del Dottor Peyron (Francesco Biscione, già Re Claudio nell’Amleto del 2008 diretto da Armando Pugliese); direttore dell’istituto, unica figura realmente interessata al progresso del proprio paziente. Il finale è un costante crescendo di emozioni. Il testo offre inoltre un importante quadro sociale del XIX secolo, in cui le neuroscienze si aprivano al progresso nel campo dell’ipnosi; in particolare con gli esperimenti di James Braid, che introdusse in quei tempi il concetto di monoideismo, qui adoperato proprio nel finale dello spettacolo.

Suggestiva l’idea di ricreare sul fondale un rilievo pallido e monocromatico del capolavoro Campo di grano con volo di corvi dell’artista olandese; un tratto quasi sfuggente, ma che lo spettatore attento coglie e vive con la speranza che alla fine possa animarsi con tutte le sfumature che lo caratterizzano. Ma in questo caso il dipinto rappresenta solo un riflesso su una parete atona e sterile di emozioni.

VINCENT VAN GOGH - L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO” è un testo colmo di drammaticità emotiva, che mette in discussione i valori dell’uomo, proiettando il protagonista in un vortice di deterioramento mentale progressivo, con un linguaggio riccamente poetico. Preziosi si supera nel obiettivo di trasmettere allo spettatore il momento più cupo dell’esistenza del pittore. Un uomo che la storia ha accuratamente rivalutato, eleggendolo a gigante tra i giganti che hanno rappresentato l’arte e la pittura.

Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Eliseo di Roma dal 13/2 fino al 4 marzo.




Salvatore Cuomo, 17/02/2018 - pubblicato via .2RIGHE.COM / Teatro






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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:07    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 17/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 17 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA





ha scritto:




      VAN GOGH| L’ODORE ASSORDANTE

      DEL BIANCO
      regia Alessandro Maggi



Salvarsi dal delirio, dalle fantasticherie che la nostra mente scatena allucinandoci. Ma come distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è? Ecco i temi attorno ai quali ruota e cresce lo spettacolo “VINCENT VAN GOGH - L’ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO” con un bravissimo Alessandro Preziosi nei panni del protagonista.
Il palco dell'Eliseo è inclinato e cinto da una scena bianca ove è impressa la riproduzione senza colori d'un'opera del grande pittore: Campo di grano con volo di corvi. In una diafana e spoglia cella dell'istituto psichiatrico di Saint Paul, Van Gogh è rinchiuso. Sulla targhetta della sua stanza è scritto: "Soggetto tranquillo, socialmente non pericoloso".
Quale la malattia che lo piaga? Nessuna forse. Si intuisce, man mano che lo spettacolo procede, trattarsi d'un equivoco al quale tutti preferiscono credere: scambiare la forte passionalità espressiva di Van Gogh per pazzia.
Egli è nella cella, vestito d'un anonimo camice bianco, ed inizia a credere che ciò che vede attorno a sé sia tutto falso. Anche il fratello Theo che viene a fargli visita? Gli chiede una prova: "Dimostrami che sei reale, che esisti". Son fasulli anche gli infermieri-carnefici e il sadico dottore di reparto che lo tiene in cura? Probabilmente. E il Direttore dell'istituto – interpretato da un bravissimo Francesco Biscione –, l'unico che non giudica ma vuol curare Van Gogh: anch'egli è frutto d'un'immaginazione? È un nodo che per tutto lo spettacolo s'aggroviglia senza sciogliersi, lasciando il pubblico nel dubbio.
Preziosi ci offre un'interpretazione di Van Gogh molto immedesimata. Egli modula la voce sottolineando i passaggi dalla serenità alla disperazione, fin allo sconforto. A questa varietà vocale, affianca una quiete mimica. Il suo corpo incede affaticato fra le pareti della stanzetta. Par come schiacciato, oppresso, soffocato. Non può esprimere se stesso se non parlando, mostrando furore e indignazione. Tutto è proibito nell'istituto: leggere, disegnare. E scrivere? Solo un foglio ogni tre giorni per inviare lettere a suo fratello.
Cosa desidererebbe l'incompreso Van Gogh? Qualche nota di colore – delle tende variopinte alle finestre –, e una tela con pennelli per dipingere. Tutto quel bianco, anonimo e mortale, lo assedia e uccide lentamente. Questa disperazione del personaggio Preziosi non la dilata. Giunge fino al limite, al punto in cui potrebbe certamente deflagrare. Ma è bravo a tornare sui suoi passi ed a ricomporsi. Perché il teatro è sì espressione, ma sempre con temperato senso della misura.
Questa pièce è anche una metafora del rapporto fra arte e potere. E lo si può intuire dai dialoghi serrati fra il medico di reparto e il pittore, che si contrappongono senza rappacificarsi. Un tentativo di tregua lo si ha quando il direttore dell'istituto vuole sinceramente ascoltare le ragioni di Van Gogh (per aiutarlo, curarlo). Ma quando questa speranza è sul punto di realizzarsi, il sipario si chiude. Forse si è assistito all'ennesima fantasticheria del pittore.



Pierluigi Pietricola, 18/02/2018 - pubblicato via .SIPARIO.IT - PROSA





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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:09    Oggetto: VINCENT VAN GOGH all'Eliseo di ROMA 18/02/18 - recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 18 febbraio 2018 al Teatro Eliseo, ROMA





ha scritto:




    A teatro con VAN GOGH - Un viaggio nella

    mente del maestro, dal rapporto con l'arte

    al '' L'ODORE ASSORDANTE DEL BIANCO ''






Roma - Non ci sono tele, né pastelli, e nemmeno campi di grano o cieli stellati. Non c’è altro colore se non il bianco a fare da cornice alla pièce che porta sul palcoscenico del Teatro Eliseo un momento particolarmente drammatico e intenso della vita di Vincent Van Gogh.
Bianchi sono i petali che l’artista ha a lungo aspettato, nella speranza di avere almeno una traccia, sebbene l’unica all’interno di una stanza vuota e apparentemente senza vita, di quel colore che alla Maison de Santé di Saint-Paul-de-Mausole - dove le pareti, i vestiti e persino i fiori appaiono bianchi - risuona per tutti come “una bestemmia”. E bianchi sono anche i corvi, in volo sul celebre campo di grano, che sembrano dissolversi su una delle pareti del vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico nei pressi di Saint-Rémy-de-Provence, dove Vincent, dopo l’episodio della mutilazione dell’orecchio e dopo l'ennesimo deliquio, nel1889, decise di entrare volontariamente.

In una delle stanze di questa sorta di non luogo, in cui il tempo è senza tempo, in questo “castello imbiancato” fatto di vasche piene d’acqua, pazienti simili a scimmie, aggrappati ai lampadari, registri e deliri, trova spazio anche una riflessione potente sulla condizione dei manicomi nell’Ottocento, ma soprattutto trovano voce i pensieri, apparentemente senza briglie, del maestro che più di ogni altro ha saputo tradurre in colore la sua anima immensa e complessa.
VINCENT VAN GOGH - L'odore assordante del bianco, in scena fino al 4 marzo, è un thriller psicologico che attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento del maestro nell’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole, nel 1889, in uno degli ultimi periodi della sua vita, cerca di creare un varco nell’anima e nella mente di Vincent. E lo spettatore cerca di farsi largo in questa stretta fessura fatta di intimità e riflessione, aggirandosi, in un continuo gioco di attese, sorprese, tensioni e smentite, e di nuovo attese, tra racconti, deliri, allucinazioni e ricordi d’infanzia del pittore, protagonista di questo universo ovattato, complesso, ora chiarissimo, ora incredibilmente oscuro e inaccessibile.

È il 1889 e l’unico desiderio del pittore, marcato come soggetto “socialmente fragile”, è quello di uscire dall’austera stanza del manicomio di Saint Paul dove è stato relegato e nella quale non c’è altro colore che il bianco. La sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e un carretto per arrivare fin lì. Il serrato dialogo tra i due propone un lucido grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, rivelando dettagli poco noti relativi alla vita di Vincent, e soprattutto scandagliando uno stadio sommerso della sua mente.

Vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” lo spettacolo di Stefano Massini, con la sua drammaturgia asciutta eppur ricca di spunti poetici, offre - non soltanto agli amanti di Van Gogh, ma in generale, a chi ama cavalcare le affascinanti capriole dell’animo umano e della psiche, attratto da una costante tensione narrativa - un’opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e, in generale, sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.

Assoggettato alla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da un supremo Alessandro Preziosi, Van Gogh, che si aggira come in catene nella devastante neutralità di un vuoto, si lascia vivere già presente al suo disturbo. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, si colloca in un contesto in cui lo spettatore, totalmente coinvolto in questa travolgente vicenda umana, osserva in un’atmosfera sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto, nella quale tutto diventa ora chiaro, ora improvvisamente sfuggente.

Il dottor Peyron, Theo van Gogh, il dottor Vernon-Lazàre e gli infermieri Gustave e Roland, sono i personaggi che assistono e allo stesso tempo compongono la vicenda.

«Lo spettacolo - spiega il regista Alessandro Maggi - è un vero e proprio viaggio nel processo di creazione, da un lato del pittore Vincent Van Gogh, dall’altro dell’artista, in generale. Ogni artista, infatti ha una parte del suo percorso avvolta dal mistero, accessibile soltanto a lui».

In questa immersione sinestetica nell’animo di Vincent non mancano riferimenti al rapporto tra il pittore e l’arte - in particolare a quelle tele che lo stesso definisce “parte di me” - ma anche all’importanza del colore “senza il quale il disegno non vale nulla”, simile ai petali di un fiore e in grado di “entrare dagli occhi per uscire dalla punta del pennello”.

Chi è il pittore? “Il pittore è un imbecille socialmente fragile” e ancora “l’unico in grado di rendere visibile i propri pensieri”. Non mancano le opere, alcune citate nel corso dello spettacolo. La Berceuse, conservata oggi al Museo Kröller-Müller di Otterlo e dipinta da Van Gogh nel 1889, raffigura Augustine Roulin, moglie del postino amico di Vincent, nella cui figura il pittore ha voluto racchiudere il mito femminile della moglie e della madre, capace di consolare e di placare l'animo. Nel volto, nelle mani, nello sguardo di questa donna, il cui quadro doveva costituire il pannello centrale di un trittico da appendere nelle cabine di una nave per ricordare ai marinai la dolcezza di una ninna nanna, c’è la stessa malinconica espressione tipica della madre che ha sacrificato tutto di sé. Il quadro non compare sulla scena, ma viene solo citato tra quelli che Vincent vorrebbe regalare a Gauguin.
«Le opere - spiega Maggi - non vengono esaminate attraverso uno studio analitico, ed è proprio questo a caratterizzare la bellezza del testo di Massini. Anche dal punto di vista della scenografia, non siamo di fronte a uno spettacolo realistico, ma a momenti che si susseguono per astrazione».

Anche la scenografia è interessante: una stanza con due pareti laterali scoscese e una grande parete di fondo, staccate, che trasmettono un senso di oppressione, ma anche di possibile apertura.
«Non c’è un dramma che è solo struggimento, bensì l’azione di un personaggio votato alla ricerca della risoluzione di un problema che sta dentro di lui attraverso l’esplicitazione artistica» dice Maggi. Oltre che attraverso le lettere inviate da Vincent al fratello Theo, il percorso è costruito soprattutto grazie al potenziamento del ricorso alla parola.
«Ogni parola - spiega Maggi - è evocatrice di immagini, intenzione, materia».

In questo continuo avvicendarsi di aspettive e colpi di scena dove il pubblico ha l’impressione che qualcosa di immenso ed inatteso stia per verificarsi, si arriva alla sorpresa finale. Un’immagine che chiude, anche se non definitivamente, il viaggio nella mente di Vincent, una continua ricerca della comprensibilità della sua arte, che non si verificherà mai del tutto pienamente.



di Samantha De Martin, 19/02/2018 - pubblicato via .ARTE.IT - Notizie





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MessaggioInviato: Mar Feb 20, 2018 21:18    Oggetto: VINCENT VAN GOGH alla Pergola di FIRENZE 08/02/18 recensione Rispondi citando




ALESSANDRO PREZIOSI nel ruolo di protagonista in

VINCENT VAN GOGH. L'odore assordante del bianco

di STEFANO MASSINI con regia di Alessandro Maggi


recensione 8 febbraio 2018, dalla Pergola di Firenze





ha scritto:




    ne "L'odore assordante del bianco" rivivono

    i tormenti più profondi di Vincent Van Gogh



Firenze, Teatro della Pergola, 8 febbraio 2018. Sul palcoscenico siamo nel 1889, in una stanza del manicomio di Saint Paul de Manson, in Provenza. Intrappolato in questa stanza spoglia, in un luogo in cui l’arte è una forma di eccitamento da mettere al bando, stretto da “L’odore assordante del bianco”, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, un uomo alla costante ricerca del colore: il pittore Vincent Van Gogh.

Ha il volto di Alessandro Preziosi, noto ai più per i ruoli ricoperti in televisione ma che ha scelto di mettersi in gioco sul ring più difficile per un attore, quello teatrale, che mette a nudo il talento senza pietà. Preziosi supera la prova, regalando allo spettatore un Van Gogh tormentato dal bisogno di espressione, dall’incomprensione della gente e da un perenne conflitto tra realtà e immaginazione che non trova mai soluzione e che è il fulcro dell’opera del drammaturgo fiorentino Stefano Massini.

E’ reale la visita del fratello Theo (Massimo Nicolini)? O quel lungo monologo che Vincent ascolta muto e con sguardo perso come in un mondo lontano è soltanto una voce nella sua testa? Così sostiene il Dott. Vernon Lazàre, che ha in cura Vincent e che, narcisista esagitato, si diverte a mortificarlo con fare sadico, contrapponendosi a lui anche come artista.

Theo compare in scena sin da subito. Entra in una stanza completamente bianca. Bianco è il soffitto, bianco è il pavimento, come i muri, il letto. La vestaglia di Vincent. Vincent che resta fermo nel suo sguardo perso o forse fisso nel vuoto, e non fiata. Ascolta l'intero antefatto rovesciato dal fratello con una rapidità iniziale galoppante, eccessiva. Theo appare nervoso, dà l'impressione di una certa fretta almeno dapprincipio, perché proseguendo nei suoi discorsi si scioglie, si rilassa, sorride. Invoca un Vincent presente nel corpo ma muto, privo di parola e reazioni, in apparenza lontano. Theo recita a tutti gli effetti un monologo, ma nel momento in cui sta per andar via deluso dal silenzio del fratello, assiste (insieme al pubblico) alla vera entrata in scena di Vincent Van Gogh. Il protagonista dalla doppia personalità.

Incompreso e arrogante, disperato e sprezzante. Lucidissimo in un momento, atterrito in quello successivo. Nella malattia che gli trapassa la vita da molto tempo ma non è in grado di ostacolare la creazione di capolavori inimitabili, Vincent diventa la vittima di un gioco perverso e ben riuscito in cui trionfano la contrapposizione centrale tra realtà e finzione, e le sue varianti multiformi come individualità vs collettività, vuoto vs pieno, bianco vs colore. Vincent è imprigionato in un "castello di granito bianco", dentro il quale è vietatissimo scrivere, leggere e ancor di più per lui dipingere. Ma sotto lauto compenso, l'infermiere Gustave gli ha fatto avere dei colori, delle tele, sopra le quali l'artista ha realizzato delle opere dal valore altissimo, tra cui un ritratto del Dottor Vernon-Lazàre, il suo nemico giurato. Un narcisista esagitato, che, supportato da Gustave e dall'altro infermiere Roland, è in grado di attirare un disprezzo viscerale da parte di Vincent perché lo tratta con sadico compiacimento, gli nega la possibilità di abbandonare l'istituto in compagnia del fratello, e soprattutto dipinge anch'egli. Ma delle opere dal valore rivoltante.

Alla scenografia essenziale in cui si svolge la parabola della sua prigionia, Vincent impone il desiderio prorompente di viaggiare a ritroso nel tempo e nello spazio, in una ricchezza di ricordi, di paesaggi e sfumature. Davanti a Theo riassapora le scorribande dell'infanzia, per alcuni attimi parla con la voce che gli apparteneva da bambino, e tra le braccia dei medici–aguzzini vola col pensiero al verde dell'erba al di là dei muri bianchi, alle distese di fiori e cereali di Arles, al blu del mare di Anversa e ai voli affumicati di Parigi. Degas, Gauguin, Toulouse-Lautrec e i loro fantasmi scorrono in fila dinanzi agli occhi mentre viene lasciato per due ore a mollo nell'acqua gelida della vasca del manicomio. Vincent ripensa e nomina in continuazione le vasche, e vuole fuggire al più presto da Saint Paul, perché sta soffocando. Ma fino a che punto è mai possibile credere alle sue parole e ai suoi racconti? Vincent ha davvero ricevuto la visita del fratello, e ha davvero dipinto il ritratto del Dottor Vernon? La risposta a queste domande fastidiose per lo spettatore, viene fornita dal sopraggiungere inaspettato di un personaggio chiave, il Direttore del manicomio, il Dottor Peyron (interpretato da un magistrale Francesco Biscione), che si materializza all'improvviso, e per questa ragione potrebbe non essere reale.

Il Direttore assume un atteggiamento radicalmente opposto a quello insolente di Vernon. Si dimostra affabile e interessato in modo particolare al benessere di Vincent. Si siede ad ascoltare le sue variegate riflessioni: la genesi del suo essere artista, l'idea di libertà individuale, il rapporto complicatissimo con gli altri uomini. La gentilezza di Peyron conquista Vincent e lo persuade a confessare i suoi pensieri più accesi, le sensazioni che l'hanno consegnato alla sua arte. Peyron asseconda, conforta, ha il merito di scatenare gli sfoghi repressi di Vincent, e nel convulso finale in cui si ripalesa il fratello Theo, la supremazia incontrastata del bianco si scioglie al cospetto di un giallo inedito e vittorioso. Giallo che richiama gli storici girasoli e gli astri della notte stellata, giallo solare perchè icona della scoperta della verità della propria natura e stimolo decisivo per affrontare la scelta più dolorosa



Enrico Esposito e Matelda Giachi, 19/02/18, pubblicato via iltermopolio.com







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